Suggestioni di Hokkaido – Osteria Grano di Pepe (16/07/2018)
Il
viaggio di Rino in Giappone, l'incontro di due culture così distanti
con nessuna lingua in comune, a priori una barriera insuperabile.
Come un novello capitano Nathan in “L'ultimo Samurai” alla fine
il ponte lo crea quello a cui entrambe le parti hanno dedicato la
vita.
Non
le katane dei suggestivi scontri all'arma bianca del film, ma
comunque lame affilatissime, quelle dei coltelli usate nelle cucine
del ryokan che lo ha ospitato l'inverno passato, fra i paesaggi
innevati dell'isola di Hokkaido, a scambiare frammenti di storie,
tradizioni e gesti vissuti nei rispettivi ristoranti.
“Suggestioni”
inteso come ispirazione, nel portare anche a noi una visione diversa
di piatti lontani, usando magari ingredienti domestici, persino
frequenti sulle nostre tavole, oppure partendo dall'esatto contrario.
Innovazione e ricerca, due aspetti che, con grande rammarico, spesso
ai colleghi orientali di Rino sono negati per ragioni troppo profonde
da sradicare, la cosa che più ci invidiano come Italiani.
Sarà
stato perché era ormai il terzo appuntamento di queste “Lezioni”,
sarà stata la presenza in sala di un'amica e allieva come Alessia,
saranno stati i potenti mezzi 😎 audiovisivi 📺 messi
in opera per riprendere i suoi gesti sulla tv, ma ho visto Rino molto
più rilassato. O più semplicemente, anche solo per poche ore ha
rivissuto con noi un'esperienza che per sempre porterà nel cuore
💖... il sorriso non gli è mancato nemmeno un attimo.
Una
serata ricca di nomi esotici e incogniti, sapori e consistenze da
godere in puro piacere, la sorpresa di avere i vini di Angela Sini in
abbinamento, la buona compagnia al tavolo. Il tempo è volato senza
nessuna voglia di guardarlo passare sull'orologio.
Ho
visto molte persone prendere appunti, almeno per una volta il notes
me lo sono risparmiato, ma un messaggio è comunque arrivato. Se
anche non prenderò mai un coltello in mano, nonostante non abbia la
minima idea di quali debbano essere quantità e tempi, le
preparazioni dei piatti le ricordo ancora. Poi, da qui a provare a
riprodurli c'è proprio la mia barriera culturale in mezzo,
semplicemente non è il mio mestiere... seppur, persino stavolta,
solo per quei 2-3 secondi, una piccola voglia è venuta.
Come
apertura il 🍴 Tempura di scampi e verdure. In una ciotola si
mettono farina di riso, acqua, cubetti di ghiaccio, ma potrebbe andar
bene anche acqua molto fredda, mescolati fino ad ottenere una
pastella piuttosto fluida in cui intingere gli ingredienti. Olio a
temperatura non elevatissima, la frittura richiede il suo tempo e
quindi pazienza, volendo si può aggiungere pastella direttamente
sopra al pezzetto di cibo, quando non si vedono più bollicine, segno
che il vapor acqueo si è ormai dissipato, allora la cottura è
completa.
Lo
abbiamo mangiato con le bacchette, intingendo in due versioni di
salsa di soia in piccole ciottoloni, una più semplice, dai sentori
piuttosto tostati, l’altra con più acidità, quasi dal ricordo di
salsa balsamica. Semplicemente meravigliosa, in pura ignoranza
occidentale l'abbiamo finita con il pane... e che diamine!
A
seguire 🍴 Parmigiana di melanzane in versione giapponese.
Partendo da cubetti di melanzane appena scottate, sopra si mette
provola affumicata, veloce passaggio al forno, si completa con
scaglie finissime di Parmigiano, per dare l'idea del Katsuobushi.
Solo dopo si versa un Dashi ricavato da pomodorini tagliati a fette
messi in un canovaccio e lasciati colare in frigo per una notte, si
scalda il liquido in una teiera e si aggiunge basilico fresco, per
goderne la fragranza.
Un
sorso che ti porta in paradiso, per un aroma saporito di bergamotto e
agrumi talmente buono che abbiamo chiesto il bis, del solo Dashi. La
grandezza delle cose semplici, l'esaltazione della materia prima,
sulle labbra il sapore dell'estate e del sole.
Ancora
rapito da questa esperienza sono stato meno attento all'introduzione
dello 🍴 Yakitori, spiedino di pollo alla brace con salsa
teriyaki, insalata al peperoncino, tofu fermentato. Ricordo invece
benissimo il risultato, la carne tenerissima e saporita accompagnata
da una delicata idea di carbonella e appena una punta piccante. Altra
esperienza tattile e gustativa con pochi uguali nel mio passato.
Shock
finale dal 🍴 Gelato al wasabi e melone, un impatto di sapore
e sensazioni pungenti schiaffeggiante, quasi metallico, capace di
scuotere le papille, un vero battesimo da Samurai o, ancora meglio,
l'occasione per chiedere a Rino di preparare come contrappasso uno
dei suoi meravigliosi 🍴 Cannoli. Ho potuto osservare in
diretta gli effetti taumaturgici sulle ragazze.
Non
dimentico certo i vini, ma nel racconto li ho tenuti volutamente
separati, perché rispetto al mondo della cucina sono mentalmente
così distante che ragiono ad un livello di coscienza diverso, a
maggior ragione con piatti così estranei alla mia esperienza.
Mi
ha fatto tanto piacere la presenza di Angela, la sua passione nel
trasmettere la storia e il futuro di Cantina della Volta è stata
pari a quella infusa da Rino nel suo racconto. Il mondo del vino
emiliano ha bisogno di gente che “ci crede” davvero, soddisfatta
per quello che vende non solo per il registro di cantina, ma perché
è proprio come piace a lui.
Riccò
è un terroir straordinario, dai suoi 650 metri di altezza porta a
maturazione Chardonnay e Pinot Nero in maniera ottimale, il Mattaglio
è sempre stato il mio spumante fra quelli di Christian Bellei,
soprattutto il Blanc de Blancs. La versione 🍷 Nature ha un
naso che immediatamente delinea senza incertezza la nobiltà dei
vitigni da cui è ottenuto, più austero e contratto in bocca, forse
ha solo bisogno di attendere ancora qualche mese in bottiglia.
Sempre
dagli stessi altissimi vigneti 🍷 Il Base, un inedito fermo da
Chardonnay in purezza, vinificazione che vede solo acciaio lungo il
suo percorso. Ricavato comunque da cloni per spumanti, ha
un'espressione aromatica fresca e agrumata, vino snello, leggero, ma
non nella personalità. Ha legato alla grande con gli aromi del
Dashi.
Davvero
magnifica l'uscita del 🍷 Trentasei portata da Angela. In
realtà sui lieviti per oltre 41 mesi, colore più carico del solito,
anche nei profumi un frutto più rosso e di maggior maturità.
Ingresso di bocca quasi morbido e dolce, per un attimo una sensazione
balsamica, finale di bocca lungo, definito e bellissimo. Dimostra
tutta la nobiltà che il Sorbara può dare in pienezza e non solo in
freschezza, uno spumante nello stesso filone degli “Sciampàgn”
del Prof. Venturelli.
Come
finale altro vino fermo e altra novità, 🍷 Il Nero. Pinot
nero da solo acciaio, calice essenziale, vino di occhi e di naso,
servito bello fresco come la stagione comanda. Profumi fragranti, di
piccoli frutti rossi maturi senza la minima traccia di eccesso, in
bocca sottile e dal tocco leggero, da sorseggiare defaticando alla
fine di questa bellissima serata.
Lezione,
cena, calici, chiacchiere fra amici... inconsueta, talmente in relax,
che il giorno dopo non ho nemmeno sentito le ore di sonno mancanti.
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