Château d'Yquem: il re dei Sauternes – ONAV Milano (18/06/2018)


Y come Yquem... andato per degustare un mito, sono tornato con la certezza che non di mito si tratta ma solida realtà, senza uguali, non il più grande vino dolce che esiste al mondo, ma “il più grande bianco” e basta.


Christian Roger lo ha definito così nella frase di apertura della serata, completandola immediatamente con “l'espressività di Yquem, il carattere dell'annata, si mostrano pienamente solo dopo almeno 30 anni”. Da giovani, con un concetto del tutto relativo di questo termine, è in gran parte la botrytis a dettare le dinamiche aromatiche.


Lustro dopo lustro magicamente si trasforma, legandosi sempre più alle origini, su un ventaglio di millesimi che ne ha coperti ben 45, in quella sala abbiamo vissuto questa esperienza direttamente sui nostri sensi. L'evoluzione che in altri vini si misura in anni, in Yquem evolve almeno un ordine di grandezza più lentamente.

Palesemente riduttivo considerarlo un vino dolce, dentro porta un mondo che ha orizzonti larghissimi anche e soprattutto negli abbinamenti, relegati scioccamente dalla letteratura contemporanea a formaggi erborinati e foie gras, se non altro in quella minimamente evoluta... senza nemmeno considerare quella didattica che ancora, nella totale banalità, lo vorrebbe associato ai dessert.

Christian e il Presidente Intini ci hanno mostrato i menù di cene celebri in cui Yquem è stato il protagonista dall'antipasto ai secondi di selvaggina. Per secoli è stato bevuto consumando ostriche, nei pranzi domestici dei Conti Saluces accompagnava, almeno una volta alla settimana, Poularde de Bresse e patatine fritte... “ma di quelle serie”.

Personalmente non ci trovo nulla di così incredibile, sono i sensi a guidare gli abbinamenti e non geometrie tracciate su un foglio, di sicuro posso confermare che assaggiando quei calici, l'unica cosa di cui assolutamente non veniva la voglia, era proprio di avere un dolce nel piatto, per quanto strutturato e ricco lo si potesse immaginare.

Magari invece, perché no, una bella Salama da Sugo?

Finché non si assaggiano bottiglie con un bel po' di anni sulle spalle, non ci si rende conto dell'universo che può nascere in quegli assaggi, di come, davvero, nonostante la notevole quantità di zuccheri residui e il volume glicerico, la dolcezza sia solo uno dei mille riflessi di questo nettare, per giunta nemmeno il principale, rapiti invece da una complessità indescrivibile.


Le annate in degustazioni erano 5, con un confronto sulla vendemmia 2011 fra Yquem e quello che potrebbe essere ritenuto uno dei tanti possibili “secondi” nella classificazione del Sauternes.

🍷 Château Riussec 2011 ha dato l'impressione di essere un adolescente palestrato e dai modi chiassosi, con la voglia di trasmettere tante cose, ma incapace di porne a fuoco anche solo una, se non effettivamente dolcezza e densità.

Al contrario del trattenutissimo 🍷 Yquem 2011, quasi come un atleta da finale olimpica in fase di carico, accigliato, dai movimenti lenti ma dalla grazia spontanea, per natura incapace di nascondere lo splendore che diventerà, fra non meno di 20 anni.

Il mondo comincia appena ad aprirsi in 🍷 Yquem 1999, dove sono i toni salmastri e muschiati a dettagliare i profumi. In bocca si gioca un profilo sottile e dinamico, condito di spezie orientali e cioccolato bianco, una persistenza che si comincia a contare in minuti.

Christian ha dichiarato la sua preferenza per 🍷 Yquem 1998, personalmente l'ho trovato meno entusiasmante di altri, ma dopo 20 anni, una differenza da bottiglia a bottiglia seppure senza alcun difetto, penso lo si possa concedere. Il mio calice aveva un orizzonte su immagini di rame, ginger, liquirizia, letteralmente una vera esplosione di zafferano. Bocca invece contratta, fumè, dal ritorno di calore e chiusura, non così lunga come in altri, su croccante alla nocciola.

Capolavoro della serata 🍷 Yquem 1994, letteralmente sconfinato nell'ampiezza dei profumi, capace di regalare tutto quello che può venire in mente... in quel calice, al solo pensiero, lo si poteva trovare. Christian lo ha definito come “naso che ha la firma di Yquem”. Sorso assolutamente meraviglioso, dall'indomabile freschezza, saporita, fruttata e piccante, interminabile nell'allungo. Vero punto di non ritorno, mai sentito nulla di così vasto prima dell'attimo in cui l'ho avvicinato al naso, uno dei vini più completi che abbia mai sentito, in assoluto.

Come ultimo assaggio 🍷 Yquem 1973, vino di 45 anni, un lasso di tempo che per una persona sarebbe una vita. Dichiarato dal produttore stesso “appena sufficiente per gli standard di Yquem”, venuto dopo una diversa sequenza di annate probabilmente non sarebbe nemmeno uscito.

Invece... Come non amarlo già dal colore di ambra infuocata? Come non essere rapiti dalla luce crepuscolare dei profumi? Come non essere conquistato dalla delicatezza di bocca che mette in primo piano una freschezza ancora così palpitante? Un Yquem sussurrato, di grazia e vitalità intatte, rapito dalla ferma sottigliezza non ricordo nemmeno se avesse una minima sensazione dolce... e non me ne importa nulla.

Pensavo con questa serata di togliermi la curiosità di assaggiare questo Yquem tanto decantato che “chissà poi cosa sarà”, volevo condividere questa nuova esperienza con un'amica del cuore... un bel bagno di umiltà mi ha ricacciato in gola tanti sciocchi preconcetti, strafelice dell'esperienza amplificata dalla compagnia.

Per la cronaca, nonostante abbia fatto le 2 di notte tra andata e ritorno per Milano, il giorno dopo di mal di testa nemmeno l'ombra. Mi rimane solo la voglia di tornare a bere ancora questo grandissimo vino, stavolta mangiando pollo arrosto e patatine, non con il foie gras, come facevano durante la degustazione nella fila dietro la nostra.

A parte, ho messo qualche particolare in più nel racconto dei vini, per chi avrà la pazienza e il piacere di leggerli. Splendido il servizio dei ragazzi di ONAV Milano, bicchiere preparati e portati pronti al tavolo, un ringraziamento a Christian, al Presidente Intini, Marco Passarelli e a tutti quelli che hanno reso possibile questa serata unica. Di seguito la lista delle annate proposte...

🍷 Château Riussec 2011

🍷 Château d'Yquem 2001

🍷 Château D'Yquem 1999

🍷 Château D'Yquem 1998

🍷 Château D'Yquem 1994

🍷 Château D'Yquem 1973


🍷 Château Riussec 2011 si è mostrato subito come un ragazzino chiassoso, esuberante nel carattere, come se avesse, aromaticamente, tante cose da dire tuttavia senza alcuna meticolosità. Mettendo un po' di ordine nel caos... tante spezie al naso, anche pungenti, erbe aromatiche, frutta candita, in bocca si incontra dolcezza, pastosità, ricordi nitidi di albicocca e decisi tratti affumicati.

Al contrario 🍷 Yquem 2011 è apparso un atleta in fase di carico muscolare, al momento appesantito dalla sua stessa ricchezza, con meno voglia di raccontarsi ma dalle idee già ben definite sull'eleganza, austera e composta. Più nitido il frutto nei profumi, col tempo anche agrumato, iodato e salmastro, nel sorso già si allunga in ricordi di canfora e tabacco, ha equilibrio e assolutamente non stanca.

Il profilo dolce è ancora protagonista anche in 🍷 Yquem 1999, con morbidezza di cera d'api, legno di rosa, metallo caldo e una parte erbacea, muschiata e condita di polvere di cioccolato, con inaspettatamente, fiori bianchi ancora freschissimi. Un attacco di bocca denso, intensamente tartufato, burroso, ma in un attimo la salinità prende le redini in mano, lo snellisce, lo conduce lontano in un finale di arancio amaro e respiri fumè.

🍷 Yquem 1998 arriva sotto forma di un gioiello topazio, scrigno di luce spalancato nel calice. Il suo mondo dei profumi è davvero particolare, a bicchiere fermo sembra di entrare in un laboratorio chimico artigianale, c'è rame lucidato, ma ancora di più emerge lo zafferano, appena gli si imprime una piccola rotazione si apre a ginger e soffi di liquirizia. Sottobosco, fungo, muffa nobile continuano anche al palato, senza negarsi un leggero ritorno di calore e un finale tostato di croccante alla nocciola, mi è parso però dai modi spicci.

Per Christian il 1998 è stato uno dei migliori assaggi della serata, personalmente l'ho trovato meno espressivo di altri. Al di là del fatto che sicuramente lui ha più esperienza di me, penso che con quasi 20 anni dalla vendemmia, qualche differenza nelle bottiglie, senza tuttavia un evidente difetto, la si possa considerare.

Il mio personale capolavoro l'ho trovato invece in 🍷 Yquem 1994, topazio ramato dall'apertura senza confini e senza tempo, abbraccia polline, menta piperita, vernice, incenso, conchiglia, brezza di mare, vivacità agrumata, tostature e burro fuso. Christian lo ha battezzato come “naso con la firma Yquem”, per me semplicemente un punto di non ritorno, mai sentito nulla di così vasto prima dell'attimo in cui l'ho avvicinato al naso.

Mica è finita qui... bocca semplicemente meravigliosa, dinamica, ancora così giovane, la dolcezza è una flash che dura appena un attimo poi prende le redini la salinità, il frutto piccolo e rosso, le sensazioni ferrose, persino piccanti. Letteralmente eterno, ineguagliabile per nitidezza aromatica e gradualità tattile. Se fossi forzato a dare un punteggio mancherebbe davvero poco alla perfezione assoluta.


Sono 45 anni per 🍷 Yquem 1973, una vita intera, vendemmia difficilissima, giudicata dai Salluces “appena sufficiente” come livello qualitativo e forse solo il fatto che 1971 e 1972 non fossero uscite gli ha dato la chance di “giocare in Champions League”... e a noi la fortuna di poterlo assaggiare.

È di un magnifico ambra rosso, ricorda una Ribolla di Gravner, che per me vuol dire uno dei colori più ipnotici esistenti al mondo. Vino sussurrato, nel piccolo frutto, nei fiori appassiti, nella scorza di agrumi, nei tratti affumicati e di libro antico. Il sorso è snello, forse in questa minor importanza si riconosce l'annata avversa, ma c'è tanto succo, toni aranciati, la dolcezza non ha quasi alcuna importanza, si viene rapiti da questa ferma sottigliezza, incantati dalla grazie fragile ma ancora così vitale.

Subito dopo Yquem 1994, ho portato a casa nel cuore proprio lui, Yquem 1973.




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