La Nuova Sicilia – ONAV Parma (18/10/2018)


In Sicilia sono stato quando avevo 2 anni, mio padre se ne era innamorato durante il servizio militare a Palermo, aveva una gran voglia di farvi ritorno.


Nonostante gli oltre 600 mesi passati, alcune immagini le ho ancora scolpite nella memoria. Le luci di Messina oltre lo stretto di notte, sulla terrazza dall'albergo di Reggio Calabria dove avevamo fatto sosta in quell’interminabile viaggio a bordo di una Fiat 600, tutta statale una volta passata Salerno, a quei tempi l’autostrada era appena un cantiere.

Ricordo l'oscurità profonda di una delle bocche secondarie dell'Etna, potevi arrivare fino al bordo e affacciarti senza nessun controllo e protezione, l'enorme orologio di fiori davanti alla stazione di Catania, il cielo incendiato dal tramonto a Palermo, il sapore delle granite al limone, ovunque il bianco abbagliante del sole.

Poi per anni più nulla di questa terra, dei suoi profumi, dei suoi colori, con i vini praticamente lo stesso rapporto, nonostante il tempo che dedico a questa intensa passione. Appena qualche curiosità scoperta in enoteca, bottiglie trovate al supermercato, lontani assaggi di aziende dai nomi importanti nei loro anni di passato splendore.

Cantine che hanno comunque contribuito a trascinare fuori da un anonimato assoluto l’intera regioneFirriato, Planeta, Florio, Pellegrino, le romantiche dediche del Conte Tasca d'Almerita, cui riservo ancora un posto speciale nel cuore. Più di recente appena un timido interesse per i frutti dellaltezza estrema dell'Etna, altri nomi sparsi qua e là in questisola immensa.

In tanti ne parlano, ma per il momento non sono ancora i miei vini, non li conosco, mi mancano i punti di riferimento, guido gli assaggi seguendo i consigli delle persone che stimo, spesso imbattendomi in belle sorprese, questo lo devo riconoscere.

Forse anche solo un anno fa non mi sarei iscritto ad una degustazione così, ma è un periodo in cui mi piace essere stupito sfidando i miei gusti, la bravura indiscussa del relatore, l'ambiente e l'accoglienza dei ragazzi di Giacomo, hanno fatto pendere la bilancia dal lato del sì.

Francesco ha raccontato di una Sicilia emergente, scelto per noi il frutto del lavoro di piccoli vignaioli che cercano più il riscontro della loro terra nel calice che non il successo internazionale. Persone ostinate nel credere che siano i vitigni da sempre coltivati nella loro regione a doverne essere la bandiera, non certe espressioni caricaturali di stampo internazionale.

Non più liquidi larghi, dolci, vanigliati, oppressi dal loro stesso calore, ma anche piccoli sorsi, magari non necessariamente così smussati, che parlino però di altezze improponibili in altre zone d'Europa o di uve che in qualsiasi altro posto non sarebbero nemmeno considerate. Ne viene fuori carattere, per certi versi anche scontroso, dinamica, freschezza, inattesi equilibri sulle fragilità, l’essere ospitali ma anche orgogliosi, una ricerca fondamentale del cibo come compagno, a maggior ragione se frutto delle stesse origini.

Francesco ha iniziato la serata stranamente contratto, solo chi lo conosce può essersene accorto, forse per il numero di partecipanti e le tanti luci, lui che preferisce ambienti più intimi sotto entrambi gli aspetti. Dopo mezz'ora era già ritornato il Falco di sempre, chiudendo le oltre 3 ore in crescendo.


Rossi serviti prima dei bianchi, per la loro natura che se deve essere "vera" allora é necessariamente con spigoli più taglienti, magari anche meno minuzie, vini soprattutto di bocca, dall'aromaticità fedele, ma non necessariamente ampia.

A maggior ragione testimoni credibili di un territorio, anzi, forse ancora più fedeli nel rendere la mineralità di suoli a volte rossi e a volte scuri, nel far respirare la vicinanza del mare, nel trasferire nella maturità del frutto le quote estreme della regione che ho scoperto non essere solo quelle dell’Etna.

Mi è piaciuta raffinatezza vinosa e semplice del 🍷 Cerasuolo di Vittoria 2017 di Guglielmo Manenti, definito da Francesco un “Beaujolais” di Sicilia, la ruvidità verace maturata dal sole in una stagione riarsa del 🍷 Pignatello 2015 Nino Barraco, lo stesso calore che si ritrova nel 🍷 Suber 2015 di Gianfranco Daino come sensazioni di pasta lievitata, cioccolato e uvetta.

Ugualmente accalorato è stato il 2012, e il 🍷 NeroSanloré di Gulfi non lo vuole certamente nasconderlo, mostrandosi fieramente in un profilo surmaturo che tuttavia trova equilibrio e si ostina non cedere, solido su sapori di confettura ed erbe aromatiche.

Avevo già avuto la fortuna di essere sorpreso dal “vero” 🍷 Pinot Nero Tiurema 2015 di Nunzio Puglisi. Dall’alto del suo vigneto a oltre 1000 metri sull’Etna si può permettere di sfoggiare un bel frutto agrumato con soffi di violetta, e se magari ha un calibro appena più largo di quello che centrerebbe il vitigno, rimane comunque una delle espressione più interessanti in Italia di questo vitigno.

Stesso terroir e vero capolavoro 🍷 l’Arcurìa 2015 di Alberto Graci da Nerello Mascalese in purezza, sottile fin dal colore, un naso che ha sicuramente maturità, ma riflessi ben più tenui del rosso. Il sorso dialoga sulle stesse tematiche, dissertando d’arancio e fiori sorprendentemente gialli, fino a sussurrare richiami balsamici e marini. La grandezza nell’essere esile.


Bianchi ancora più spiazzanti, mai apparsa una seppur labile traccia di sensazioni alcoliche, piuttosto tanta freschezza, pienezza di polpa senza spingersi oltre, fiori bianchissimi, tanta mandorla, un’acidità mai fine a se stessa che fermamente porta in primo piano un bellissimo frutto. Fotografia in cui si specchiano in modo fedele il 🍷 Grotta dell'Oro 2017 di Hibiscus, dagli ormai rari vigneti di Ustica, e lo 🍷 Shiarà 2017 di Castelluccimiano, esempio virtuoso di cooperazione.

Fra i tanti calici è spiccata nettamente la dinamica, l’energia del 🍷 Dietro le Case 2017 di Marilena Barbera, che ho scoperto essere una bellissima donna, la mineralità pura, la mela croccante quasi da riesling 🍷 dell’Aurora 2016 di Salvo Foti, succoso e teso per una stagione con meno eccessi di altre in complicità con le quote estreme dei suoi vigneti.

Difficile trovare parole adeguate a descrivere lo stupore provato, magari da neofita ma ugualmente sincero, davanti alle due stelle di prima grandezza accompagnate in bottiglia da Gepi de Bartoli. Il 🍷 Grappoli del Grillo 2016 è scrigno spalancato, tesoro dai profumi affumicati, in zenzero e alloro, fluoriclasse capace di un cambio di registro netto non appena portato alla bocca, irrorandola di albicocca, melone, saporito di sale, estremo in lunghezza e profondità.

Vino destinato all’eternità e oltre il 🍷 Vecchio Samperi 1996-2016, in grado di  rendere evidente realtà il termine “perpetuo” associato al metodo che lo rigenera, anno dopo anno, grazie all’apporto di vini giovani. Marsala realmente della tradizione e non quello voluto dalle esigenze commerciali inglesi, dove i ricordi di mallo di noce sono appena una delle cento sfumature aromatiche e piuttosto sono le sensazioni mentolate e di zucchero bruciato a salire in primo piano.

Il sorso è un liquido di marzapane, retto da acidità elettrica saporita di agrumi canditi e dolci alle mandorle. Talmente buono, spontaneo, coinvolgente, che senza nemmeno pensarci aveva già percorso tutto il palato lasciandolo sì vuoto di materia, ma impregnato per minuti di tale meraviglia di aromi. Per questa magia il papà di Gepi ha dovuto scegliere il solo grillo, l’uva più nobile e resistenze all’ossidazione, indispensabile avendo rinunciato alla protezione dell’alcol.

Solo per curiosità, Francesco ha voluto che assaggiassimo anche una bottiglia dalla conservazione meno felice, più prossima al modello del consueto vino fortificato di Sicilia, non sgradevole ma evidentemente meno aperta e luminosa, in tutti i sensi.


Come raccordo naturale all’ultimo assaggio, un chicco appassito di zibibbo con cui abituare la bocca, lo stesso da cui Salvatore Ferrandes produce il suo fantastico 🍷 Passito di Pantelleria 2012. Trasparenza topazio in cui si ritrovano gli stessi aromi e sapori, quell’immagine di frutto rosso, la speziatura tostata di wafer alla nocciola e scorza Majani, sorretta da una bevibilità inattesa e magnifica.


Sono stati 13 calici, appena sufficienti per vivere alcune delle nuove esperienze che, stagione dopo stagione, emergono sull’orizzonte vinicolo di quello che è stato definito “diamante lanciato nel mare per la gioia dell’uomo”. Una terra in cui la natura mette a disposizione tutto quello che serve per produrre uve sane e di qualità superiore, in cui è un delitto non ambire a vini straordinari, non più nella struttura e nell’impatto, ma nella sincerità e nel cuore di un territorio e dei suoi uomini.



Di seguito la lista dei vini nella sequenza di degustazione

🍷 Vini Manenti - Cerasuolo di Vittoria Docg 2017
🍇 Frappato, Nero d’Avola

🍷 Vini Barraco - Terre Siciliane Igp Pignatello 2015
🍇 Pignatello

🍷 Az.Agr. Daino - Vino Rosso "Suber" 2015
🍇 Nero d'Avola, Frappato, Alicante

🍷 Gulfi - Sicilia Igt "NeroSanloré" 2012
🍇 Nero d'Avola

🍷 Eno-Trio - Terre Siciliane Igt Pinot Nero Tiurema 2015
🍇 Pinot Nero

🍷 Graci - Etna Rosso Doc "Arcurìa" 2015
🍇 Nerello Mascalese


🍷 Az.Agr. Hibiscus - Terre Siciliane Igt "Grotta dell'Oro" 2017
🍇 Zibibbo

🍷 Castelluccimiano - Contea di Sclafani Valledolmo Doc Bianco "Shiarà" 2017
🍇 Catarratto

🍷 Marilena Barbera - Melfi Inzolia Doc "Dietro le Case" 2017
🍇 Inzolia

🍷 Salvo Foti - Vino Bianco "Aurora" 2016
🍇 Carricante, Minnella

🍷 Marco De Bartoli - Terre Siciliane Igp Grillo "Grappoli del Grillo" 2016
🍇 Grillo


🍷 Marco De Bartoli - Vino Bianco "Vecchio Samperi" Perpetuo 1996-2016 (#1)
🍷 Marco De Bartoli - Vino Bianco "Vecchio Samperi" Perpetuo 1996-2016 (#2)
🍇 Grillo

🍷 Ferrandes - Passito di Pantelleria Doc 2012
🍇 Zibibbo

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