Gli spumanti di Arcari+Danesi al “25” di Carpi (16/10/2018)
Giovanni
Arcari e Nico Danesi sono parte importante della rivoluzione
stilistica della Franciacorta che è in corso in questi ultimi anni,
se questa denominazione vede finalmente la luce in fondo al tunnel in
cui si era infilata, una parte del merito è di tanti piccoli
produttori come loro.
Eppure
in molti ancora non li conoscono, e non mi riferisco ai semplici
appassionati, ma soprattutto a coloro che hanno voce nel mondo del
vino che conta. Sono spumanti difficili da trovare, raramente
compaiono in degustazioni importanti, e questo lo trovo inspiegabile.
Forse
per la produzione poco più che confidenziale, la cantina arroccata
in una delle posizioni più alte e selvagge dell'intera zona, proprio
in cima al Montorfano, fuori dai giri mediatici dei pullman
turistici.
Un'occasione
unica avere Giovanni e i suoi spumanti al “25” di Carpi, una
serata bellissima per quanto ho imparato, dal clima sereno e
conviviale, talmente densa di contenuti che avrebbe riempito un
racconto di pagine e pagine, ben peggio di quanto faccio di solito. E
infatti è successo...
L'ho
ascoltato smontare la Franciacorta e ricostruirne una diversa davanti
ai miei occhi, in mano un calice quale prova evidente di come si
possa mettere in pratica ciò che stavo ascoltando.
É
una persona che ti mette subito a tuo agio, con quel modo di fare un
po' da americano senza rinunciare alla gestualità italiana, la
battutina facile, quel che serve di auto ironia, chiaro ed efficace
nel trasmettere concetti non banali e, oserei dire, “ben poco
popolari”, convinto di un'idea per lungo tempo solo sua e di Nico,
o quasi.
Una
vita dedicata al mondo del vino su cui non ha insistito molto, prima
per altri e ora per se stesso, nonostante questo aperto a condividere
progetti senza gelosia con chi ci vorrà credere insieme a lui. Senza
un movimento “dietro” non c'è futuro, questo l'ho sentito dire
anche da Maurizio Zanella, nessuna possibilità di portare avanti un
rinnovamento.
Il
loro metodo SoloUva nasce dall'amore per le bollicine e la
consapevolezza che lo Champagne rimane inimitabile.
La
latitudine estrema, il sottosuolo unico, un savoir-faire in vigna e
in cantina con 300 anni di storia, creano quella meraviglia a partire
da uve che, a maturazione aromatica, raggiungono appena 8.5° di
alcol potenziale con acidità sovente in doppia cifra.
Nonostante
una chaptalization quasi irrinunciabile, alla fine ne nasce uno
spumante che riunisce complessità, leggerezza, una vitalità unica
figlia di una freschezza comunque saporita e mai fine a se stessa.
Una
ricetta solo in linea di principio applicabile ovunque, almeno dal
punto di vista della pura chimica, anticipando ad hoc la raccolta
delle uve. Il problema diventa nella maggior parte dei casi il finale
di bocca, dove le sostanze fenoliche estratte dalle bucce ancora
acerbe, possono sfociare in sensazione amarognole con la complicità
del dosaggio, che invece di portare equilibrio, spesso esaspera
questo contrasto.
Tuttavia,
se anche questo aspetto fosse superabile, grazie magari a particolari
altezza e fattori climatici, rimane il fatto che l'imitazione di un
gusto affinato nei secoli ben difficilmente potrà anche solo
avvicinarsi realmente all'originale.
Per
avere originalità bisogna allora far emergere il frutto, come una
mela non avrà lo stesso sapore se raccolta in piena maturazione in
Sicilia o in Trentino, lo stesso sarà per un metodo classico che
vuol essere davvero testimone di un territorio.
Uve
perfettamente mature alle latitudini della Franciacorta si ottengono
con un titolo alcolometrico potenziale di 12.5°, che dopo la presa
di spuma darebbero spumanti con non meno di 14° di alcol. Il “metodo
SoloUva” supera questo problema mettendo da parte una frazione del
mosto non ancora fermentato da utilizzare successivamente per
eseguire un tiraggio senza che l'aggiunta di zuccheri esogeni. Lo
stesso si farà per il dosaggio, se necessario.
La
vendemmia nei vigneti di Arcari+Danesi avviene di media un mese dopo
il resto della denominazione, quindi porta un “frutto”
perfettamente maturo, nessuna estrazione di sostanze che possano dare
sensazioni verdi o amaricanti, nessun apporto di elementi originati
all'esterno del chicco d'uva.
Come
possa esprimersi in modo completamente diverso uno spumante in
Franciacorta, Giovanni ce l'ha voluta mettere alla prova dei sensi
servendo per primo, e in un certo senso “sacrificando”, il loro
🍷 Franciacorta Riserva T1 2007. Spumante ancora ad
ispirazione champenoise dedicato a Tiziano, figlio di Nico, destinato
ad uscire in 7 vendemmie, chiamate da T0 a T6.
Solo
1000 bottiglie per annata, uve raccolte in anticipo di maturazione,
tiraggio con zucchero di canna. Finita la serie non verrà più
riproposto in quanto ormai lontano dalla loro filosofia... mai più
crosta di pane, deve emergere il frutto.
Già
pensare che quel lucente oro verde rappresenti un vino di 10 anni mi
porta a scossare la testa, poi avvicini il naso e non puoi che
pensare “...se iniziamo così...”.
Una
Special Cuvée nata in un clima più caldo, con quell'evoluzione
controllatissima, le sensazioni di cenere, il biscotto al miele, lo
zucchero bruciato. Aromi terziari che escono anche all'assaggio,
insieme a volume presente ma non ingombrante, le spezie dolci,
l'allungo boisé per una destinazione lontana dai delicati toni
affumicati.
Mentre
lo portiamo alla bocca Giovanni ci spiega come hanno affrontato il
problema della conservazione dell'acidità e qui davvero si guarda
alla Francia per imparare. Il T1 è stato ottenuto con una resa di 18
litri ogni 100 kg di uva, il fior fiore della prima pressatura
estremamente soffice, per evitare cessione di potassio e conservare
un PH basso.
É
fantastico, lo fanno in provincia di Brescia, ed è stato
rinnegato... dove andremo a finire? La risposta sarà “in un mondo
completamente diverso”, unico, nessuna imitazione, riflesso di un
territorio, irripetibile in qualsiasi altro posto. Sempre con ben
chiaro il concetto di estrarre il meno possibile dall'acino,
indispensabile per garantire la necessaria freschezza al vino finale.
Lo
stacco con i SoloUva è stato evidente, spumanti più golosi, solari,
magari anche rinunciando ad una frazione di complessità per avere
dinamica di bocca più equilibrata e maggiore purezza.
Abbiamo
ripreso con il 🍷 Pinot Nero Extra Brut 2011 (sb. 2015), da
uve acquistate in una zona selezionata e raccolte a 12.8° di alcol
potenziale, la naturalità è sicuramente più definita, in mandarino
e fieno tagliato, una leggera speziatura minuto dopo minuto acquista
dolcezza di miele. In bocca, è stato usato un dosaggio minimo in
questo caso ancora con zucchero di canna, ha buona densità, succosa
e saporita. É stato prodotto
finora solo 3 volte nella breve storia di Arcari+Danesi.
A
seguire il 🍷 Dosage Zero 2014 (sb. 2017), un omaggio alla
passione di Giovanni per i vini di Langa lo fa scherzare dicendo che
“questo spumante esce sempre nello stesso anno del Barolo di pari
vendemmia”. Nel calice brilla di luce propria e il naso ha un
approccio dolcissimo di pesca sciroppata, cioccolato bianco,
fiorellini dello stesso colore. Nessuna traccia amarognola, piuttosto
un sorso di purissimo agrume, gessoso e salato, con una verve vitale
di acidità.
Le
uve che danno il 🍷 Brut Satén 2014 (sb. 2017) sono solo
quelli dei vigneti prossimi alla cantina, in quota, su terrazzamenti
antichi. La resa in pressatura di questa annata è stata inferiore al
40% regalando un naso dolcissimo, con grazia e delicatezza di
approccio incantevoli, tanti fiori indifferentemente gialli e
bianchi, ciambella alla vaniglia, borotalco e mandorla. A regalare
questa meraviglia armonia é proprio
la natura semi-aromatica del Pinot Bianco, usato in
percentuale significativa nell'assemblaggio.
In
bocca ha tutto un altro registro, complice l'annata è un sorso
davvero citrino, nervoso, dagli aromi di limone in foglia, ha
tensione e asciuganti sensazioni metalliche, la nemesi di quello che
per tanti anni sono stati i Satén della Franciacorta, larghi,
addolciti e piacioni. Giovanni e Nico hanno dovuto lottare affinché
la burocrazia accettasse l'uso del mosto congelato al posto dello
zucchero, ma i risultati li stanno premiando.
Dopo
4 spumanti in circolo anche alla mia timidezza viene una bella faccia
di travertino, con un bel sorriso ho quindi buttato lì un “ma il
Grace non lo assaggiamo?”. Sono stato subito accontentato, secondo
me non aspettavano altro...
Un
rosato che nasce nei pressi del Lago di Garda, a Botticino, Giovanni
l'ha definita “una delle zone più vocate alla coltivazione della
vita che abbia mai visto”, famosa invece per il marmo che porta lo
stesso nome, il più bianco che esista. Denominazione storica ormai
in caduta libera, ne rimangono meno di 27 ha, poco vino che si vende
in zona a non più di 4-5 euro.
Lui
e Nico hanno “trovato” un vigneto a pergola di 3/4 ha con piante
di Schiava Gentile, Barbera, e in minor parte Marzemino e Sangiovese,
che risalgono al periodo fra le due guerre mondiali. L'idea di
tentare un rosato e quella di proporre qualcosa di nuovo che si
potesse staccare da una logica al ribasso dei prezzi. Viene prodotto
con un contatto fra il mosto e le bucce di appena 2 ore, in cui il
mescolamento favorisce la cessione di un minimo di colore e sostanze
fenoliche.
Nel
calice, infatti, la sfumatura di rosa antico del Grace 2017 è appena
un accenno, nei profumi non ha certo quella esplosione sfacciata e
noiosa di fragolina e lampone, piuttosto invece un delicato ricordo
di melograno e mandarino, con fiori e altri frutti che sono invece
decisamente gialli. Una bevibilità formidabile offerta da un'anima
ferrosa e salata, sensazioni che bagnano il palato di un leggero
spessore, intriso di freschezza e mineralità. Mi ha ricordato alla
lontana il Rosè di Pascal Cotat, ma più pronto e con certamente
qualche spigolo in meno.
Un
successone anche all'estero, soprattutto negli Stati Uniti, il nome
non è un omaggio alla bellezza di Grace Kelly, ma la contrazione di
“Grand Central”, cosa che agli americani piace parecchio.
Qualcosa a Botticino si sta muovendo, anche altri usciranno presto
con un loro rosato.
Lungo
tutto il racconto di Giovanni ci siamo goduti il buffet che lo Chef
Pier e Salvatore hanno predisposto per noi, fantastico e come sempre
dalla cottura perfetta il risotto, godurioso il ragù di salumi che
condiva la polenta, Coppa Piacentina di Ardenga da premio, infine un
confortante dolce alla frutta per affrontare la strada di casa alla
ricerca del sonno.
Di seguito la lista dei vini degustati durante la serata:
🍷
Franciacorta Riserva T1 2007 (sb.
2017)
🍇
100% Chardonnay
🍷
Franciacorta Pinot Nero Extra Brut
2011 (sb. 2015)
🍇
100% Pinot Nero
🍷
Franciacorta Dosage Zero 2014 (sb.
2017)
🍇
90% Chardonnay, 10% Pinot Bianco
🍷
Franciacorta Brut Satén 2014 (sb.
2017)
🍇
70% Chardonnay, 30% Pinot Bianco
🍷
VdT Rosato Grace 2017
🍇
40% Barbera, 30% Schiava, 15%
Marzemino, 15% Sangiovese
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