Déloyal... - Seminario Beaujolais di Armando Castagno 02/09/2017

Per salire alla Rocca delle Caminate ho scelto la strada che percorre il crinale, ai lati colline di una bellezza incantata anche in una stagione come questa, riarsa dal sole. La vista dal terrazzo, nitida grazie al vento, si apre a 360° spingendosi per km fino al mare. Un'altra meraviglia, non ho nemmeno provato a fissarla in una foto, non avrebbe mai reso abbastanza giustizia.


Conoscevo la bravura di Armado Castagno da racconti di amici e alcune registrazioni delle sue serate, una di questa proprio sui vini del Beaujolais tenuta quest'anno a Grado. Ascoltandola non ho resistito alla tentazione di venire fino a Predappio proprio per questi vini.


Un'occasione unica, tutto sommato é più facile trovare un grande Borgogna o un grande Nebbiolo, ben più complicato riuscire ad avere nel calice il frutto di quella “vil et déloyal plant”, come venne definito secoli or sono il Gamay.

Ero certo di andare a colpo sicuro, il tempo é passato senza nessuna voglia che la degustazione finisse, non ho ricevuto nulla di meno di quello che mi attendessi, anzi... Ho imparato che in tanti hanno voluto male al Gamay, chi apparentemente, chi davvero, chi per ignoranza.

Filippo l'Ardito in realtà gli ha fatto solo del bene. Nel 1395 lo ha bandito dalla Borgogna del Nord facendogli solo un favore, perché questa varietà dai gusti “acidofili” sui terreni calcarei della Côte d'Or non avrebbe mai potuto esprimersi al meglio.

L'editto lo ha relegato poco sopra a Lione, dove ha trovato un sottosuolo completamente diverso e molto più affine, dalla matrice geologica così complicata da costringere chi volesse ricondurre il vino al terroir ad un'analisi che si deve spingere alla singola vigna.

Chi ha voluto davvero male al Gamay, invece, sono stati gli stessi produttori del Beaujolais, portandolo agli occhi del mondo nelle versioni “nouveau” con tecniche di vinificazione al limite del caricaturale. Ne hanno così distorto la vera natura...

Tutto questo si può riassumere nella frase di Kermit Lynch che Armando ha voluto citare in una slide “Beaujolais is the one night stand of wines.” You can have that affair with it every November. But you never know, after getting to know Cru Beaujolais, you might just fall in love.”

Purtroppo ancora oggi il rapporto fra la produzione della versione “novello” e del Beaujolais “vero” rimane di 450000hl contro 300000... nuove generazioni si affacciano con nuove coscienze, ma la strada é ancora lunga.

Infine al Gamay ho voluto male anch'io, come penso tanti altri, per ignoranza... almeno fino a ieri.

Questo dimostra come le cose, piuttosto che raccontarle male o in modo superficiale, non andrebbero raccontate affatto. Marcata come uva in grado di dare solo vini banali e apatici nelle lezioni di vecchi maestri, così me l'ero sempre raffigurata. Per capire ho dovuto trovare la persona giusta che mi prendesse per mano, finalmente é successo.

Descrivere i vini sentiti durante il seminario é difficile, nella mia vita sono tutti e soli i Beaujolais che abbia mai degustato, manca ogni altro punto di riferimento.

Volendo trovare un filo conduttore nei profumi, ma non in modo così scontato come si potrebbe pensare, questo é indubbiamente il frutto, succoso, maturo, spesso scuro, con sfumature erbacee che tendono sempre al floreale e mai al vegetale. L'eleganza del DNA nobile che lo lega a vitigni fratelli si sente anche in questo, in un'intrinseca grazia.

La bocca ha un'impressione più uniforme, espressa in un caratterino che non va mica tanto per il sottile, la chiusura porta sempre un calore avvertibile, primo impatto comunque alto, aromaticità di una coerenza esemplare, tannini anche di un certo spessore e comunque maturi.

In questo sono ben conscio che le la scelta delle bottiglia non é stata per nulla casuale, dichiaratamente il meglio di ogni denominazione.

Sorsi che entrano, manifestano un'inattesa pienezza e senza indugiare troppo, abbandonano i sensi lasciando un'impressione rifinita e appagante nelle sfumature che di volta in volta, in funzione del Crus e della mano del vignaiolo, si sono manifestate di agrumi, rosa, minerali, persino balsamiche... 8 bicchieri e 8 mondi diversi, tutti interessanti.

Coup de Cour, evidente nel livello dei miei calici a fine degustazione, al Morgon “Côte du Py” di Jean Foillard. Bellissimo per grazia, mineralità sottile e austera, inconsueto profilo olfattivo rosso sfumato dolcemente di giallo.

Non gli é stata da meno la freschezza, l'essere così in punta di piedi, il colore pulsante, la definizione aromatica e di sensazioni del Fleurie “Clos de Pavillon” del Domaine des Marrans, e infine ancora la luce, l'energia, la dinamica di bocca del Côte de Brouilly “Les sept vignes” dello Château Thivin.

In ogni caso, se avessi in cantina una qualsiasi di quelle bottiglie, sarei comunque più che contento. Tenuta all'aria perfetta per tutti quanti, il rapporto con l'ossigeno non ne ha scalfito di nulla la pulizia, la definizione, i profumi cesellati, ed erano passate quasi 2 ore.

🍷 Jules Matras - Beaujolais Villages “Bijou” 2015
🍷 Domaine de Fa – Saint-Amour 2015
🍷 Domaine David-Beaupére – Julienas “Vayolette” 2015
🍷 Domaine des Marrans – Fleurie “Clos de Pavillon” 2015
🍷 Frédéric Berne – Chirubles “Les Terrasses” 2015
🍷 Jean Foillard – Morgon “Côte du Py” 2015
🍷 Domaine Raphael Chopin – Regnié “La Ranze” 2015
🍷 Château Thivin - Côte de Brouilly “Les sept vignes” 2015




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