Ristorante Tokuyoshi, menù Sensazioni con abbinamenti...

Una bellissima cena, l'occasione per rivedere un ex collega e fare una sorpresa a Lisa, che non ne sapeva assolutamente nulla.



A priori il fatto di essere seduti al banco mi aveva lasciato perplesso, ma in realtà se si é in 2 é la cosa migliore, si é vicini, si riesce a parlare e si sta comodi.

Poi ti perdi ad osservare le preparazioni, e tutte le volte ti chiedi se sia proprio per te il piatto che stanno realizzando...

Menù sensazioni, in 9 portate, il filo conduttore sarà il gioco delle consistenze, sempre presente, tenue e croccante non mancano mai, che sia un finto-risotto, o un dessert particolare o pasta ripiena in brodo.

Nell'attesa burro nocciolato e salato, con pane preparato dal ristorante con lievito madre, nato insieme al locale.

Lo assaggio é gustoso ma faccio di tutto per non farmi coinvolgere, Alberto invece lo finisce quasi tutto da solo.

La prima portata é una tazza con "brodo di verdure recuperate", realizzato con le rimanenze delle verdure della altre preparazioni.

Così caldo é accogliente, aromatico, con quella punta intensa di sapidità che ti apre lo stomaco e fa partire la salivazione.
Tazza bianco, brodo scuro, ricorda un altro piatto... non può essere un caso.

Il primo calice é un Blanc de Morgeaux et de La Salle di Ermes Pavese, vino di naso, penetrante, giovane e verde, acuminato e appena effervescente in bocca, dalla struttura esile come deve essere con questo vitigno.

Da tanto lo volevo sentire, un vino che berrei sempre, nel suo piacevole squilibrio.

Arriva il secondo piatto... “canocchia, canocchia e canocchia”, con polvere di pomodoro e cenere di cipolla.

Un'esplosione di aromi, intensi, diversi ma che non riescono mai dominare la materia prima.

Il gusto del pesce rimane, per decine si secondi, assoluto protagonista quando il piatto é vuoto e non c'é un nuovo boccone per sostituire quello appena mangiato.

Il terzo é il “calamaro in acidità”, ce lo spiega direttamente Yoji, é un piatto estremo, di contrasto, in cui la freschezza può solo che vincere.

Ti appaga, ti ripulisce la bocca, non ti stanca ma rinfresca, sei pronto a ricominciare.

E intanto il calice si riempie del Blatterle di Nusserhof, il vitigno “brutto anatroccolo” dell'Alto Adige.

Un vino che parla di terra, radice, frutta secca, quasi tannico in bocca.

Amo il Blatterle anche perché quasi nessuno lo amo... ma solo perché nessuno lo conosce.

Vino vivo, contadino, di altri tempi con una fame d'aria pazzesca, come se arrivasse impolverato per poi mettersi la veste elegante e accompagnarsi a tavola con noi.

Un altro vino che risento tutte le volte che posso.

Di nuovo Yoji ci accompagna nel percorso con un piatto che non dimenticherò per un bel po... "crema di patate affumicate, spaghetti di patate, cozze e tartufo nero", servito in una ciotola tondeggiante, per darti l'idea di scavare nel piatto per arrivare ai frutti della terra.

Ancora consistenze che giocano, spigoli e sapori affusolati che si mischiano e si fondono, piatto di terra, con una concessione al mare, che ti porta nel cielo.

La portata successiva é “triglia e triglie”, il filetto del pesce, condito con una salsa fatto con tutte le altre parti.

Sembra che Yoji, dopo la sequenza crescente di complessità crescente, ci voglia riportare a casa, con sapori più puri, più vicini a qualcosa di già noto e consueto.

Ma assaggio dopo assaggio ti accorgi che non é così, che il piatto é esso stesso un crescendo, di tenue sensazioni che si distinguono un po' alla volta, perché riposano i sensi.

Quando l'ho terminato, io e Alberto ci guardiamo e pensiamo la stessa cosa... ne avremmo mangiate altre 5 di queste triglie, nella loro del tutto apparente semplicità, un piatto che si schiude piano piano e poi non ti lascia più.

Ci raggiunge anche il terzo calice di vino, “Falistra”, Sorbara in purezza rifermentato in bottiglia del Podere il Saliceto, omaggio alla terra emiliana.

Il colore del Sorbara non lascia mai indifferenti, i profumi danno fragranza e rinfrescano, la bocca rimane leggera e libera.

Lo accompagna un “omaggio a Milano” e sembra davvero un risotto, ma in realtà sono pezzetti di sedano-rapa sminuzzati.

Effetto ottico notevole, in bacca si sente la mantecatura generosa, che Alberto ormai Milanese di adozione conferma in linea al modo di fare i risotti a Milano, e l'impressione tattile del sedano-rapa é notevole.

Seguito subito da un ritorno all'Emilia... "tortelli di zucca con brodo di prosciutto tostato", decisamente una delle portate più belle e appaganti.

La sfida del tortello di zucca, non banale di per se, e per giunta in brodo unisce dolcezza e gusto speziato, mi é piaciuto un sacco.

Il calice si riempie con il colore più bello del mondo, é quello della Schiava, appena più carica del solito, ed é di nuovo Nusserhof che ci regala un profumo di amarena matura e sorsi eleganti, per giunta anche pieni.

L'ho amato subito, di nuovo un vino difficile da trovare e ancor di più da proporre.

Ultimo piatto, prima dei dessert, “l'ossobuco si veste d'inverno”, che é ovviamente ossubuco, accompagnato da verdure tostate, che trasmettono il ricordo delle foglie secche, visivo e di consistenza.

Di nuovo la stessa impressione avuta per le triglie, un piatto che apparentemente ti riporta alla semplicità dei sapori, che entra in punta di piedi e di nuovo ti conquista.

Forte del suo essere di sapori delicati, una finezza che non ti lascia e che tu non vorresti lasciare, nonostante tutte le portate che abbiamo già sentito, ne avresti voluto davvero ancora.

Arriva anche l'ultimo vino... Meulenhof Riesling Spatlese Erdener Treppechen 1994, cerato e cenereo nei profumi, quasi cimiteriale, in bocca scalpitante, scontroso e affascinante.

Un'acidità sopra le righe maschera quasi totalmente lo zucchero, lo avrei voluto provare con i calamari, secondo me poteva starci davvero bene perché quando un gusto non lo puoi contrastare, tanto vale assecondarlo.

Magari poteva funzionare...

Il pre dessert é una "tarte tatin" che spazzoliamo in un attimo seguito da “cemento e terra”, un dolce dall'impressione visiva notevole, sembra una strada sventrata dai lavori stradali.

Anche questo mi conquista per il gioco delle consistenze, la tenerezza del gelato e il croccante del carbone vegetale, ma anche il freddo e il caldo.

Stupende le zuccheriere che non userò, perché il fantastico caffé lo bevo ormai da anni amaro, e quando é veramente buono come questo, diventa appagante.

L'ultimo saluto é con i dolcetti, con anche qua una sorpresa, quella che sembrava una sfrappola, é in realtà la buccia del sedano-rapa...







Stringiamo la mano a Yoji, gentilissimo e umile, a cui Lisa mi presenta come un suo maestro dell'AIS e meno male che siamo in penombra, altrimenti si sarebbe notato che sono arrossito.

Una serata bellissima, un amico di lunga data che mi ospita, e la possibilità di vedere Lisa nella sua nuova vita.

Chiude 3 sere avanti indietro per la Via Emilia... lezione a Bologna martedì, servizio al Carlton mercoledì con macchina aperta e furto del mio notebook, Milano il giovedì sera.

Venerdì mattina non sono nemmeno stanco, quando ne vale la pena é così.

Grazie a Lisa e ad Alberto, grazie a Yoji e tutti gli altri, che ci hanno fatto stare bene.

E abbiate pazienza con la Lisa, non é una cattiva ragazza...






Commenti

  1. Complimenti, davvero un bel pezzo... ma che piatto ricorda il brodo? ::

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  2. Grazie... e beh, assomiglia ad un piatto del suo maestro

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    1. Avevo intuito, ma non ho capito quale! Per punizione mi vado subito a risfogliare "Vieni in Italia con me"! :D

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  3. Scusami Matteo, si chiama "Autunno", in una tazza vengono rappresentati gli elementi che ti portano a questa stagione : diverse tipologie di funghi, castagna, tartufo , foie gras , in seguito viene versato un brodo di Funghi

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