Arte & Vino presenta lo Champagne di Bruno Paillard - (Trattoria "I Du Matt" 26/10/2018)
É
stata proprio in una delle prime volte in cui sono stato coinvolto
nelle degustazioni della guida #GrandiChampagne alla Stella d'Oro di
Soragna che ho avuto la fortuna sfacciata di avere nelle batterie
proprio gli champagne di Bruno Paillard.
Alcuni
di quegli assaggi li ricordo ancora, per come l'equilibrio e una
briosa freschezza erano state conservate anche in un'annata
caldissima nell'N.P.U. Rosé 2003, oppure per l'articolazione che
aveva acquistato la Cuvée 72, proprio quello stesso Brut Première
Cuvée, champagne di ingresso della maison, messo in commercio con
un'ulteriore sosta di 36 mesi in bottiglia dopo la sboccatura.
Ho
poi avuto l'occasione di conoscere Bruno Paillard in persona durante
la prima edizione del Modena Champagne Experience a Modena,
condividendo con lui un calice, magari anche più di uno, insieme al
neo Brand Ambassador Tommy Monari, alla cara amica Vania e Ruben
Larentis, storico Chef de Cave della Ferrari Spumanti.
La
maison è giovane se confrontata con la storia secolare delle
regione, fondata dal giovane Bruno Paillard negli anni 80 quale
naturale evoluzione delle abilità acquisite come "courtier".
In poco tempo è cresciuta tantissimo, arrivando ad avere ben 32
ettari di proprietà, sufficienti a fornire circa 1/3 delle uve
necessarie alla produzione di appena 500000 bottiglie ogni anno.
Nella
visione di Bruno Paillard lo champagne è sempre un prodotto di
assemblaggio, deve esprimersi nel bicchiere in raffinatezza,
leggerezza, regalare un finale di bocca dalla freschezza sottile e
insinuante, accompagnato da un bollicina minuta e cremosa.
I
vigneti di proprietà coprono allora ben 16 diversi cru, fra cui
anche Les Riceys, nel cuore dell'Aube, per avere la disponibilità di
un Pinot Noir ricco e in perfetta maturazione. Della pressatura viene
utilizzata solo e esclusivamente la prima cuvée, unica garanzia di
eleganza e indispensabile per garantire una saporita acidità al vino
finale. Il dosaggio è usato per ricamare l'ultima firma sull'opera
d'arte, sempre leggero, completa, si integra e mai sovrasta.
Una
visione che traspare nitida negli champagne che abbiamo assaggiato,
per i profumi dolci, speziati, burrosi, per il sorso vaporoso,
minerale, elegante, che accomuna con giustamente diversa ampiezza le
bottiglie più importanti con quelle di ingresso.
Abbiamo
iniziato la degustazione, con il 🍷 Blanc de Blancs Extra Brut
Grand Cru, da 48 mesi sui lieviti e dosaggio da 5 g/l che dimostra
subito la delicatezza dell'estrazione in una grande trasparenza, nel
riflesso verdolino e luminoso. Un naso raffinatissimo, dove emerge
con garbo la polvere di roccia bianca, il gesso, la salinità iodata,
seguiti da agrumi gialli, fiori di pari colore, tutta la burrosità
naturale che lo Chardonnay può offrire, capace di addolcire il
frutto e renderlo piuttosto una mirabelle. In bocca ripete la
sequenza dei profumi concedendosi però una mineralità appena più
scura, richiama allora la pietra focaia, l'agrume diventa in foglia,
il finale si apre sul sapore di granita al limone e menta in un
sottofondo vanigliato.
Per
non perdere il ritmo, solo il tempo strettamente necessario al
servizio e siamo passati al 🍷 Rosé Première Cuvée, da 85%
Pinot Noir e 15% Chardonnay, multivintage da 36 mesi sui lieviti e
dosaggio a 4/5 g/l. Rosé ottenuto con la tecnica dell'assemblaggio,
utilizzando proprio il vino rosso del vigneto di Les Riceys. Offre
alla vista di un ramato delicato e brillante, animato da un flusso
inesauribile di mille punte di spillo che trasportano alle narici
dapprima una nitida fragranza di rosa, per poi accompagnarla a
cioccolato bianco, un'idea di panna, un orizzonte aperto che
comprende crosta di pane, biscotto e infine un'anima ferrosa.
All'assaggio è rotondo, vinoso, saporito di arancia rossa, per poi
rinfrescarsi in zenzero, succo di melograno, dimostrando nel finale
una sinergia fra sale e freschezza. Ha tensione e solarità allo
stesso tempo, rende davvero merito e unicità a questa tipologia che
spesso mi delude, ma non questa volta.
Il
primo millesimato della serata è il 🍷 Brut Assemblage 2008,
con 42% di Pinot Noir e Chardonnay, 16% Meunier, ben 8 anni trascorsi
sui lieviti e il solito dosaggio finale “minimal” da 5 g/l. Ed
ecco una bellissima luce, di un giallo pieno che ha ancora tonalità
evidenti di gioventù, subito un esordio con profumi eleganti, di
biscotto e caramella inglese, pan brioche, ricordi resinosi di
luppolo, refoli di spuma marina, la pungenza minerale del sasso
spaccato. In bocca è potente, pieno, condito, con una carbonica che
diventa una sorta di vapore aromatico, ricco di sale e cedro candito,
un frutto che rimane integro e si definisce in pesca e mango. Quel
filo di scontrosità fa pensare che debba ancora schiudersi del
tutto, o semplicemente l'attesa per la tanto proclamata annata 2008 è
sempre molto alta e rende severi.
Poteva
lasciare qualche curiosità il fatto di avere in sequenza il 🍷
Brut Cuvée 72 proprio in questo punto, alla prova dei sensi la
scelta si rivelerà più che giustificata, per una evidente
dimostrazione di rotondità e struttura. Lo sguardo coglie
immediatamente un'ottima pienezza di colore senza che la sfumatura
denunci maturità, al naso è ancora più spiazzante, per essere così
floreale, quasi a porgere una fragrante lavanda, poi burro, frutta
esotica, albicocca, dolcezza di torrone, un'intuizione di brodo,
quella che spesso si accomuna i grandi bianchi. Al sorso è di frutta
secca e spezie, zucchero filato, ciliegia candita, quasi un soffio di
anice, sempre con una vela di sale che conduce a un finale di arancia
amara. Asciugata la bocca ecco nascere una sensazione di coquillage,
uno champagne figlio di una meravigliosa evoluzione in bottiglia,
voluto, come Roberto ci ha raccontato, proprio da Cuzziol,
l'importatore Italiano della maison.
Ci
siamo salutati con il Blanc de Blancs 2006, in questo caso ben 8 gli
anni trascorsi sui lieviti, seguiti da un altro di attesa in
bottiglia, dosaggio sempre al limite dell'Extra Brut, di nuovo appena
5 g/l. Altro calice di pienezza e luminosità, netto di pesca, nitido
il mughetto, un assaggio gentile di miele d'acacia, soffice di
ciambella al limone e mela al forno, un sussurro amaricante di
pompelmo. Il dialogo con i sensi del gusto inizia sottile, dai
richiami iodati, per poi spostarsi su torrone e frutta gialla, solo
la prima tappa di un lungo e raffinato percorso, mosso con misurati
passi di grande eleganza, diretti per ultimi ad una meta dagli aromi
floreali da distillato e la sensazione tattile di acqua di mare.
Per
seguire questa degustazione organizzata da Carmen di Arte & Vino
ho fatto un'eccezione alla mia regola che il venerdì sera mi riporta
rigorosamente a casa, per una volta ho trascorso una notte in più a
Reggio, ma ne é valsa sicuramente la pena. Ascoltare Roberto parlare
di vino è sempre un piacere, quasi come tornare sui banchi di scuola
senza l'ansia di esami da superare. Sarebbe stata un'occasione unica
anche per rivedere Tommy, all'ultimo momento assente per un impegno
istituzionale in Sicilia, ma tanto non scappa, quindi prima o poi lo
becco.
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