Rossi per l’estate (AIS Bologna 13/05/2019)


Ricordo ancora la prima degustazione condotta in l'AIS nonostante siano passati ormai ben 8 anni, si trattava dell'Alto Adige e del suo Pinot Nero. Mi affidarono l'evento in modo incosciente, non avevo mai fatto nulla del genere.


Impostai la serata come fosse un viaggio, attraverso tutte le zone di questa piccola regione, descrivendo non solo come il vitigno si esprime nei diversi terroir, ma aggiunsi per ognuna piccole cose che avevo nel cuore.

Raccontai di come un Santa Maddalena aveva finalmente ricevuto proprio quell'anno un riconoscimento di grande prestigio, la prima schiava a meritare i “3 Bicchieri” del Gambero Rosso. La cura e il talento di Joseph Pfeifer, con la famiglia anima della piccola azienda Pfannenstielhof, l'avevano finalmente posta nel modo del vino che conta.

Dopo i ringraziamenti finali, un collega mi si avvicinò dicendo “hai lanciato l'assist per fare un'altra serata con protagonista la schiava”... mentre gli rispondevo con un sorriso, pensai che sarebbe stato bello e quasi impossibile.

Ci sono voluti più di 8 anni, per tanti motivi.

Il gusto delle persone è cambiato, dai rossi carichi, sfacciatamente immediati, d'intensità e grande struttura, spesso trasfigurati dal legno, si è finalmente più attenti a cogliere il vero racconto del vino, anche se sussurrato con toni di maggior pacatezza.




Fondamentale il supporto della nuova delegazione, dove ogni cosa è accolta con rinnovato entusiasmo, e naturalmente la disponibilità del Consorzio dell'Alto Adige tramite Fruitcom, un prezioso alleato per poter offrire serate interessanti a prezzi davvero confidenziali.

Infine c'è Pierluigi Gorgoni, giornalista, divulgatore, conoscitore profondo del mondo enologico e in particolare di questa regione, capace di incantare il pubblico nei suoi racconti, e nonostante la sua grande professionalità disponibile ad avere un semplice appassionato come me al suo fianco.

Ci hanno proposto la degustazione con un preavviso brevissimo, un evento in più da incastrare fra i tanti già in calendario, nel dubbio se accettare o meno l'offerta ho detto a Michele “prova a chiedere queste bottiglie, ti faccio una lista”.

In tutta onestà pensavo ci avrebbero mandato a spendere, invece un sogno lungo 8 anni si è realizzato.

Nella scelta ho privilegiato i vini che mi hanno sempre dato qualcosa, alla ricerca di conferme o smentite, alla fine ne è scaturita inconsciamente il giusto mix di minuscoli produttori e cantine sociali, l'immagine diretta della viticoltura dell'Alto Adige, fatta di piccoli, o di tanti che insieme hanno cercato la qualità nella forza dei numeri.

Chi ama l'Alto Adige non può non amare la schiava, calice animato di luce, leggero fin dal colore, capace di regalare gioia ai sensi senza mai stancare, in modo diretto per l'immediata fragranza o ripagando con mille sfumature chi va oltre dedicandogli tempo e attenzione.

La struttura leggera trova nella bassa temperatura un'alleanza perfetta per potersi accompagnare all'estate e al tempo stesso diventa garanzia di tenuta nel tempo, talmente aerea da non poter soccombere negli anni sotto il suo peso.

Prima di raggiungere il tema centrale, quasi un aperitivo di benvenuto, in omaggio alla tradizione storica dei rosati, è stato servita l'esecuzione 2018 del Lagrein Kretzer di Muri-Gries. Brillante e un po' irreale nel colore, scolastico nei profumi, piacevole e poco impegnativo all'assaggio, rimane comunque un vitigno da cui mi sento, personalmente, distante.

Non è invece così con la schiava, inimitabile nel fotocopiare in modo fedele quello che il territorio può offrire, una vera cartina di tornasole capace di assumere il colore del luogo che l'ha generata.

Abbiamo visto come si faccia sottile, tesa, nelle alte colline del Meranese, baciata solo al mattino da una luce dal lieve calore, sottoposta alle rinfrescanti correnti della prossima Val Venosta. Il sorso si svela ferroso e affilato, quasi acuto nel Meraner Hügel 2018 di Pardellerhof, appena più speziato e affumicato nella selezione Graf “Schickenburg” 2018 della cantina di Merano, entrambe da vigneti a Marlengo.

In una sequenza che ha privilegiato una crescita in scala della struttura, la successiva tappa ci ha portato a Caldaro. Lì è più difficile definire un carattere univoco, la posizione nella conca del lago modifica il modo con cui il sole scalda i vigneti, nel vasto areale zone più basse e altopiani si alternano dando luogo a esiti molto diversi. Un piccolo universo in cui emerge la magnifica “Bischofsleiten” 2018 di Castel Sallegg, dalla purezza ancora così spigolosa di ribes e lampone, ma già distintamente nitida nella sua forza, la salinità dell'assaggio.

Il registro cambia drasticamente spostandosi alla periferia di Bolzano, i filari sono inondati di luce per tutta la giornata d'estate, più uniformi le altezze, qui allora la schiava assume pienezza, il frutto acquista colore, si aggiungono sfumature appena più scure, compare un floreale carnoso.

Rifinitura magistrale e completezza regolano il Santa Maddalena “Moar” 2017 della Cantina di Bolzano, complice il beneficio di un ulteriore anno in cantina prima di presentarsi in commercio. Profondità, sentimento, straordinaria sensibilità sono ancora una volta protagonisti nella vendemmia 2018 del capolavoro di Joseph Pfeifer, ennesima conferma di Pfannenstielhof.

Pochi km verso Nord e il viaggio si è spinto fino alla Valle d'Isarco, dove i rossi sono episodici pur regalando preziose espressioni di schiava. La vernatsch Mediaevum2018 di Maso Gumphof, splendida sinergia fra altezza, pendenza, terreno ed esposizione, mette a fuoco piccoli frutti selvatici, fragranza floreale e lievi richiami terrosi con grandissima grazia, rendendo così pienamente merito all'affermato talento bianchista di Markus Prackwieser.

Prima degli ultimi assaggi, che avrebbero rappresentato uno stacco fino a quanto sentito finora, Piero ha scelto di inserire un momento di discontinuità, qualcosa di completamente diverso seppur giocato su un registro comune.

Armin Kobler, con un importante passato da ricercatore a Laimburg, ora vignaiolo a Magrè, avrebbe volentieri coltivato la schiava se i terreni di famiglia fossero stati davvero vocati per questo vitigno.

Lungo i conoidi del Rio Favogna, nella tappa più meridionale toccata nella serata, realizza ora una “voglia di schiava” tramite il suo Merlot Kretzer “Kotzner” 2018. Gioiello intensamente amaranto, succoso, vinoso, capace di affermare nuove regola in questa categoria, profuma di ciliegia, tamarindo, erbe aromatiche, in bocca ha intensità, pienezza e persino un certo calore, ma soprattutto carattere e unicità.

Esattamente ciò che serviva per fissare la base con cui tornare a Caldaro e assaggiare una schiava completamente diversa, dal nome importante, la “Gschleier” Alte Reben 2017 di Girlan.

Da piante che raggiungono ormai il secolo di vita, con rese commuoventi, quote e terreni unici rispetto alle zone vicine, lo staff di Gerhad Kofler trae una versione intensa, saporita, profonda, ricca di spezie, dove persino una trasparenza di tannino ha preteso il suo attimo da protagonista, senza tuttavia abbandonare la grazia insita nel DNA del vitigno.

É stato il punto di non ritorno...

Parlare di rossi dell'Alto Adige e finire senza un Pinot Nero sarebbe stato privo di senso, anche perché, seppur alla lontana, tutto è nato proprio dal Blauburgunder. Ne ho scelta allora una versione aerea e leggera, per certi versi rara nella regione, il “Marith” 2018 di Tenuta Kornell.

Mi piace pensare che in questo calice si rifletta il carattere del suo autore, Florian Brigl, un ragazzo gentile, di grande modestia e rigore. Certamente non un assaggio chiassoso e immediato, piuttosto è austero, offre invece mille minuzie all'abile cercatore, la bocca ematica, disegnata in agrumi e progressione di spezie, al naso una distintiva ed elegante violetta.

La degna chiusura di una serata lunga, 10 assaggi e nessuno di questo è andato versato, con la tensione ormai in discesa, anche la lingua si è sciolta in un dialogo libero, qualche frase allegra è sfuggita, accolta da molte risate.

Per chi assisteva c'è stato un assaggio di altri sapori della regione, stilfser, speck, pane e grissini integrali, una mela da portare a casa come ricordo, non è stato certamente un servizio semplice da seguire. Sono stati bravi i miei colleghi, fra tanti bicchieri e dosi da centellinare, complice un disguido che ha provato a metterci i bastoni fra le ruote, proprio per la bottiglia a cui tenevo di più. Ivan, Giulia, Elisa, Filippo e Christian hanno superato anche questo.

Ho salutato e ringraziato Piero personalmente, questa volta ho davvero lanciato l'assist per una futura degustazione dicendogli “next time Pinot Bianco?“... e magari non fra 20 anni.

Infine, un ultimo ringraziamento a tutti quelli che sono venuti ad assistere alla serata e in particolari agli amici, a cui io ho rotto le scatole con qualche messaggio tramite i social. Di seguito la lista dei vini proposti nell'ordine esatto di uscita.

Preludio: una tradizione tinta di rosa
🍷 Muri Gries – AA Lagrein Kretzer 2018

Una storia da riscoprire: la Schiava del Meranese
🍷 Pardellerhof – Alto Adige Meraner Hügel 2018
🍷 Cantina Merano – Alto Adige Meranese Graf “Schickenburg” 2018

La Schiava storica: Lago di Caldaro, in una versione sottile
🍷 Castel Sallegg – AA Lago di Caldaro Scelto Cl. Sup. “Bischofsleiten” 2018

La Schiava storica: Santa Maddalena
🍷 Pfannenstielhof – AA Santa Maddalena classico 2018
🍷 Cantina Bolzano – AA Santa Maddalena classico “Moar” 2017

Una vera rarità, la Schiava della Valle Isarco
🍷 Gumphof – AA Schiava “Mediaevum” 2017

Intermezzo: Voglia di Schiava
🍷 Armin Kobler – AA Merlot Kretzer “Kotzner” 2017

La Schiava storica: Lago di Caldaro, il punto di non ritorno
🍷 Cantina Girlan – AA Vernatsch “Gschleier” Alte Reben 2017

Non solo Schiava, la leggerezza del Pinot Nero
🍷 Tenuta Kornell – AA Pinot Nero “Marith” 2018




























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