American Wine – I vini dei Finger Lakes (AIS Reggio 30/05/2019)
Di
quello che sta succedendo nella viticoltura del Nuovo Mondo, qui in
Europa arriva davvero poco. Sappiamo della California, per la
storica degustazione del 1976 a Parigi
o grazie a film cult come Mondovino e Sideways, all'Oregon assegniamo
sempre
quel ruolo
di eterna terra promessa, più per sentito dire che per veri assaggi,
di tutto il resto praticamente nulla, se non come stereotipi.
Dei
Finger Lakes avevo letto un articolo, con una certa approssimazione
li avrei collocati sulla carta geografica, sapevo del ruolo
importante del Riesling. Niente di più...
Era
già
per questo una
bella
occasione,
unita
alla voglia di rivedere gli amici di Reggio che non incontravo da
tempo, un costo più che corretto e, perché no, la curiosità di
ascoltare per la prima volta il relatore della serata.
Roberto
Anesi ha vinto il titolo di Miglior Sommelier AIS nel 2017, un
ragazzo giovane, alto, con modi ricercati e la voce flautata. Mi è
piaciuto nel suo racconto, preciso, diretto, senza troppi fronzoli
nei riguardi di una viticoltura che deve ancora trovare la
vera identità. Ha
definito con precisione il territorio descrivendo
i
vini in
modo
essenziale, cogliendone la natura evitando
un inutile
sfoggio di descrittori e iperboli, senza
voler per forza stupire, ha tenuto il
giusto ritmo.
Ad
accompagnarlo Sally Semeria, collega Milanese dalle origini liguri e
animo
americano,
che questi vini li ha cercati, selezionati e portati in Italia. Ha
dato il suo contributo nel rendere la serata scorrevole e leggera,
l'ho
apprezzato molto, in una settimana
dove
il
vino mi ha sottratto
molte ore di sonno.
Territorio
particolare i Finger Lakes, molto
a Nord
nello stato di New York, che tutti
quanti con
facilità
associamo
magari a tante cose,
tranne forse al mondo
del vino.
Ho poi scoperto che la latitudine non è così estrema, a cavallo del
42° parallelo, inconsciamente
me
la figuravo ben più settentrionale.
In compenso i vigneti sono dai 500 metri a salire, lungo le rive dei
laghi, lunghi, stretti, persino
profondi,
lasciati dal ritiro di antichi ghiacciai.
Un
clima comunque
freddo
e umido, non deve quindi essere facile impostare una viticoltura
sostenibile in quelle zone, tuttavia
alcuni
ci stanno provando. Pochi
anni di storia alle spalle, il fatto stesso che nel filmato
promozionale fra paesaggi bellissimi si metta in evidenza una
vendemmiatrice meccanica, la dice lunga sulla consapevolezza ancora
da maturare.
Contrasti,
una ricerca di identità, che anche nei vini si è colta
distintamente, alcuni ancora impostati per il mercato interno,
altri invece su
tutt'altro
registro,
sorprendentemente vicini,
se non addirittura
Europei.
Almeno un paio, senza mezzi termini, li
avrei portati volentieri
in cantina.
Comunque
nessun
assaggio
offuscato
dal legno, su molti si avverte un percorso gustativo che privilegia
un approccio immediato, vistoso, facile,
la
ricerca della
profondità
lasciata in secondo piano.
Curioso
il Traminette di Fox Run, più sui
canoni
del Moscato
che non del Gewürztraminer
con cui condivide metà del patrimonio genetico. Taciturno
lo Chardonnay di Anthony Road, il vitigno emerge in modo più
riconoscibile nel Riesling sempre
di Fox Run, seppur con ancora diversi
particolari
da mettere a fuoco.
In
comune una sensazione tattile piuttosto aliena per un palato abituato
allo
stile del
Vecchio Continente, con
la
nitida
percezione di una
“grassa”
dolcezza sul finale di bocca. Sembra proprio una concessione a un
mercato che vuole i sensi appagati subito e nel modo più semplice,
gioconda
sul
tasto che fin da bambini associamo al piacere. Una
sensazione buffa, capace
nel ricordo di strappare un sorriso,
ma faccio fatica a trovarla “giusta” nel vino, che
è innegabilmente esperienza
da
adulti.
Meglio
il Pinot Gris di Anthony Road servito come aperitivo, forse proprio
perché
accompagnato al buffet, nonostante un profilo spostato su sensazioni
erbacee e floreali più consuete
in
un
Sauvignon.
Veramente da ricercare il naso dell'assemblaggio quasi paritetico fra
Cabernet
Franc
e Lemberger, diafano fin
nell'aspetto,
dal punto di vista tattile, al palato, ha però
fatto
la sua bella figura.
Due
assaggi hanno raccontato il territorio in modo completamente
diverso, quelli
di Forge Cellars, poche migliaia di bottiglie, agricoltura biologica,
raccolta manuale, qualche etichetta anche come
“single vineyard”, progetto di 3 ragazzi che hanno girato il
mondo del vino, uno di loro, l'enologo,
proveniente
da
una famiglia che in
Francia produce
da
diverse
generazioni.
Idee
chiare, solo
Riesling e Pinot Noir, in comune la pienezza e una continuità di
bocca senza artefatti, materici nell'aspetto,
il primo con
maturità di frutti e fiori fin dal primo profumo, a
cui
il
tempo
aggiunge gocce
di miele e respiro di caramella all'orzo.
Sorso
finalmente rigoroso,
ricco di sale e agrumi amari, porta spessore, sapore, un tocco
esotico di finocchietto selvatico, finale asciutto e
fitto
nella
trama.
Fratello
vestito
di rosso
il
Pinot
Noir Classique, vero
gioiello
rubino dall'anello granato. Un
inizio contratto svelatosi
poi
in gelatina di fragola, vaniglia, cannella
pungente
che virerà in
pepe
rosa, ancora
fragranza di rosa canina. C'è una natura selvaggia in questa
interpretazione, ma il vitigno è fotografato in modo innegabile e
trova persino grazia, seppur
con tonalità
personali.
Portato alle labbra rinnova la precisione, l'assenza di patina, il
tannino saporito di scorza d'arancia, aromi
del tamarindo, una
viva
freschezza delicatamente salata.
Entrambi
mi hanno ricordato da vicino l'espressione che le stesse uve
disegnano
in
Alto Adige, con cui alla fine i terreni c'è molto in comune, mi sono
sentito
finalmente
“a casa” e questo, per
me,
è
un
gran
complimento. Chissà
se altri li seguiranno, chissà se fra 10 anni saranno ancora gli
stessi, chissà
se
il mercato li porterà altrove, è una domanda da serbare
nella memoria, per trovare chissà
quando la vera
risposta.
A
Reggio Emilia il servizio
è un'arte eseguita con precisione da un'orchestra
affiatata,
è quindi d'obbligo ringraziare, oltre chi ha organizzato e condotto
questa particolare
serata, tutti i ragazzi che si sono occupati dei vini. É
giusto anche citare
il buffet, sempre ricercato e di alto livello, un'unicità di AIS
Reggio per consentire
un
attimo di ristoro a
tutti
coloro che arrivano alla degustazione direttamente dal lavoro, ma
anche un prezioso
momento di aggregazione per
salutare amici e
colleghi.
Di
seguito, la lista delle bottiglie nell'ordine in cui sono state
proposte.
🍷
Anthony
Road – Finger Lakes Pinot Gris 2016
🍷
Fox
Run - Finger Lakes Traminette 2016
🍷
Anthony
Road - Finger Lakes Chardonnay 2013
🍷 Fox
Run - Finger Lakes Riesling 2015
🍷 Forge
Cellars - Finger Lakes Classique Dry Riesling 2016
🍷 Anthony
Road - Finger Lakes Cabernet Franc & Lemberger 2016
🍷 Forge
Cellars - Finger Lakes Pinot Noir Classique 2017
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