Viaggio straordinario nel tempo a Bordeaux (Parma 18/04/2019)


ORIZZONTALE ANNATA 1986


Sarebbe stato facile, e per certi versi mi avrebbe dato un certo sollievo, poter liquidare Bordeaux come una regione dai pochi fasti irraggiungibili e una marea di vini intermedi decisamente sovrastimati.

Invece, già dal poco che ho potuto assaggiare in questo rinnovato interesse degli ultimi mesi, mi sono ormai dovuto convincere di quanto la grandezza ineguagliabile di quest'angolo della Francia si manifesti pienamente con il passare del tempo.

Riesce a farlo anche nella sua dimensione più contadina, non solo là dove il vino si confonde con le speculazioni dell'alta finanza. Aziende semi-sconosciute, dalla dimensione più umana, la cui tradizione affonda le radici nei secoli senza aver mai avuto una reale possibilità di affacciarsi nel mondo che conta davvero.

La prima percezione però è stata diversa, forse proprio il termine “Château” diventa fuorviante, evoca un'immagine lontana dal “piccolo è bello” che negli ultimi anni è associata al “modo giusto” di fare il vino. Molto viene dal carattere stesso dei vitigni, perché Cabernet e Merlot si concedono poco, mantengono le distanze, scontrosi e vistosi di gioventù, mancano della fragranza immediata propria del Pinot Noir o della succosità del Gamay.

Vanno attesi, fino a quando il tempo non gli dona qualcosa di languido, la luce diventa calda e crepuscolare, emergono tutte quelle sfumature salmastre che saldano il legame con un territorio che è appunto “entre-deux-mers”. Sabbia, terra rossa e asciutta, quell'origine letteralmente strappata alle acque ritorna nei primo profumi a cui si accompagna un frutto, giustamente in gelatina, e la delicatezza di fiori appassiti.

Il passare degli anni restituisce un Cabernet Sauvignon comunque altero ma dai modi ormai compassati, la pienezza del Merlot spogliata dagli eccessi più dolci, i toni ferrosi del Cabernet Franc limati negli spigoli, la punta pepata del Petit Verdot anima l'intero assemblaggio da dietro le quinte, quasi in punta di piedi.


Di solito non amo le serate a degustazione partecipativa, ma sono sempre disposto ad accogliere le eccezione quando funzionano. Un bravo va dunque ad Andrea Briano, capace di dosare il racconto con simpatia dall'accento ligure, ha preferito parlare più della storia dei vini e del relativo potenziale evolutivo che non della genesi dei sottosuoli, per lasciare poi che fossero i calici a tradurre in fatti le aspettative nate dalle parole.

I testimoni sono state 6 bottiglie della vendemmia 1986, custodite per più di 30 anni da Philippe Simon, collezionista enoico fin da ragazzo, profondo conoscitore di questa Bordeaux meno appariscente, aziende la cui storia affonda comunque le radici in lontanissimi passati. Ora, insieme ad Andrea, in questi incontri, mette a disposizione il frutto di esperienza e lungimiranza uniche.


Ha aperto la serata con quello che ha definito il vino più immediato. Lo 🍷 Château Tour Haut-Caussan, parti uguali di Cabernet Sauvignon e Merlot, non rivela certamente la sua età dal colore e nemmeno in nessun'altra caratteristica. Terroso, pungente di spezie, muschiato, in bocca sintonizza aromi terziari, tostature e quasi ringiovanisce, forse non lunghissimo, ma dalla tessitura magnifica. Così come magnifica sarà la tenuta all'aria dopo 2 ore nel bicchiere.

Maggioranza Merlot, con 10% sia di Cabernet Franc che di Cabernet Sauvignon, per lo 🍷 Château de Sales, appena più evoluto nel ricordo di farina di castagne, erbe aromatiche, resina, vernice, i toni scuri degli idrocarburi, un'idea tartufata di sottofondo. Sorso di spessore, sferico, con calore, piena lunghezza, finale barocco in tonalità fumé. Perderà molta espressività a fine serata rimanendo tuttavia salatissimo.

Passiamo da Pomerol e Saint Émilion mantenendo lo stesso assemblaggio nello 🍷 Château Fourney, straordinariamente trasparente, austero nella tonalità, salmastro e affumicato appena portato al naso, al tempo stesso aristocratico in un insieme che coinvolge anche fiori scuri e piccole bacche rosse. Entusiasmante all'assaggio, per quella tattilità gessosa ed ematicamente saporita, il gusto del tamarindo, l'onnipresente salinità, asciuga con garbo e decisione il palato mentre il frutto, inspiegabilmente, sfuma sul giallo. Più evoluto al riassaggio finale.

🍷 Château La Lagune era, almeno sulla carta, il vino più blasonato della serata, dall'alto della sua classificazione a troisième cru classé nel 1855. Ben 60% di Cabernet Sauvignon, 30% di Merlot, il resto Cabernet Franc e un pizzico di Petit Verdot che, come ha spiegato Philippe, anche se usato in minime quantità ha il potere di mantenere vitalità nei Bordeaux nella progressione degli anni. Il 1986 è stata l'ultima annata vinificata in azienda da Émile Peynaud.

Scuro, profondo, e davvero sorprendentemente fresco, si potrebbe finanche azzardare il termine “agrumato”, più in foglia che non in frutto, accompagnato da cenere, fiori gialli, netti i ricordi mentolati e di aloe. Un'anima di freschezza che non si smentisce una volta portato alla labbra, tiratissimo, di arancio e incenso, solo per un attimo concede dolcezza, poi croccante e dal lungo finale balsamico. Reggerà in modo impeccabile allo scorrere della serata.

Ancora Petit Verdot, insieme a Cabernet Sauvignon e Merlot, nello 🍷 Château Hanteillan, il solo a comparire in una carta del territorio risalente al 1600, insieme ai ben più sfavillanti Cos d'Estournel e Château Lafitte. Mattonato nell'aspetto e dalla delicata raffinatezza nei profumi, dove la fragola non osa andare oltre la perfetta maturità, le rose sono appena appassite, c'è polvere di cioccolato, sensazioni giovani e un incanto dai mille percorsi a cui poter dedicare la meritata attenzione. In bocca volume, spessore gessoso, succosità agrumata e ferrosa, profondità e compostezza senza uguali nella serata. Grazia che rimarrà inalterata fino all'ultimo assaggio, prima di riporre i bicchieri.

Per trovare le origini di 🍷 Château Poujeaux bisogna risalire fino al 1200, nonostante questo non venne considerato nella classificazione del 1855 in quanto allora diviso in 4 proprietà, è stato però il vino preferito da George Pompidou. Cupo e poco avvezzo nel farsi attraversare dalla luce, si mostra con tutta una dolcezza di spezie, radici di liquirizia, anche qualcosa di sfumatamente animale, leggero sottobosco, foglie di alloro e quel pizzicore da pomodori essiccati. La fotografia di un attimo, perché cambierà mille volte in pochi minuti. Un assaggio che coniuga potenza e controllo, un accenno di calore fuso ad aromi salmastri, il sorso che si allarga nei primi secondi per poi stringersi su un'indomita freschezza bagnata da mineralità marina. Degna fine di un grande viaggio nel tempo.


Serata emblematica, iconica nel dimostrare la prerogativa primaria del Bordeaux di poter sfidare il passare degli anni mantenendosi integro, senza tradire la propria natura. Vini custoditi e proposti in modo ottimale, con grande cura nella scelta della sequenza avvenuta ovviamente al momento e un servizio sicuramente non semplice. Nonostante questo il tempo è trascorso in modo leggero senza dover rinunciare al confronto e alla crescita, per questo ringrazio con grande piacere Andrea, Philippe, Giacomo e tutti i ragazzi di ONAV Parma.

Vino della serata, una bella lotta fra 🍷 Château Hanteillan e 🍷 Château La Lagune, ma ripensandoci bene, per come l'ho ancora in memoria, direi proprio quest'ultimo. Come al solito i calici dimostrano che non sono stati fatti prigionieri, di seguito l'ordine degli assaggi proposto:

🍷 Château Tour Haut-Caussan 1986 (Medoc)

🍷 Château de Sales 1986 (Pomerol)

🍷 Château Fourney 1986 (Saint Emilion)

🍷 Château La Lagune 1986 (Haut Medoc)

🍷 Château Hanteillan 1986 (Haut Medoc)

🍷 Château Poujeaux 1986 (Moulis)





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