Valle d'Isarco e Napa


Cosa hanno in comune un oscuro vitigno della Valle d'Isarco e uno Chardonnay di Napa?


Mi capita spesso di leggere o sentire parlare di un vino, di appassionarmi ad una sua particolarità e di essere preso dalla voglia di degustarlo.

Può essere che si tratti di una vecchio vitigno, quasi dimenticato, che qualcuno ha riscoperto o mantenuto.

Un vignaiolo che decide di crederci, mentre i suoi vicini di vigneto decidono di intraprendere altre strade

O, magari, dietro a questo vino c'é una storia di uomini e ha segnato un punto importante nell'evoluzione di un territorio o di uno stile.

Spesso, per un motivo o per un altro, si tratta di vini quasi irraggiungibile, per le esigue quantità con cui vengono prodotti, per la distanza del loro territorio di origine e, a volte, anche per il costo.

Quasi sempre, vini che nessuno conosce...

Poi, come é capitato venerdì scorso, improvvisamente scopri di non essere solo in questa ricerca e che altre persone seguono, nelle loro vie, lo stesso percorso.

Uno di questi vini é il Blaterle di Heinrich Mayr.

L'ho inseguito per un sacco di tempo e per trovarlo, alla fine, in un piccolo market di montagna a pochi km da dove trascorro le mie estati.

Ne ho già parlato nelle mie degustazioni, ma é veramente poco conosciuto anche fra coloro che sono appassionati dell'Alto Adige.

Con mio grande stupore, e altrettanto grande piacere, ho trovato un piccolo articolo sulla newsletter email di Bibenda.

Niente di nuovo, ma mi ha strappato un sorriso: mi sono sentito meno solo nelle mie passioni.

E sempre lo stesso giorno, ma alla sera, una nuova piacevole sorpresa...

Ho la fortuna di avere amici e colleghi Sommelier altrettanto curiosi e sempre ben disposti a condividere il piacere di degustare insieme una bottiglia particolare.

Alla fine di una serata di degustazione alla cieca, un'ultima bottiglia coperta viene proposta come oggetto misterioso.

La qualità emerge subito nell'eleganza dei profumi, inizialmente tenui e via via rafforzandosi con il passare del tempo.

In bocca é imponente senza stancare e pur mantenendo una buona finezza.

Giovane nelle sensazioni, ma con una rotondità e una pienezza di gusto che solo gli anni permettono di raggiungere.

La degustazione alla cieca é bella e terribile: non si hanno punti di riferimento.

L'ho sentito e risentito per minuti, pensando ad un indizio che mi ricollegasse alla zona di origine.

Alla fine ho dovuto concludere che si trattava di qualcosa di alieno, mai sentito prima.

Bellissimo, ma completamente fuori dal mio piccolo mondo.

E in questo avevo ragione.

Tolta la copertura della bottiglia, mi hanno fatto l'onore di poterlo fare io stesso, ho letto l'etichetta con meraviglia: Chateau Montelena Chardonnay 2002 di Napa Valley.

In un attimo, ogni residuo di pregiudizio sui vini degli Stati Uniti se n'é andato in un sorso.

Lo Chardonnay di Chateau Montelena !

Il vino che nel Paris Tasting del 1976 (l'annata era il 1973) si impose davanti ai grandi bianchi di Francia.

Nel 1976, persone ben più titolate di me, anche loro alla cieca avevano messo al primo posto un vino con pochi anni di storia determinando una svolta epocale che ha lanciato Napa Valley nell'Olimpo dei grandi del mondo.

Nel 1976, come oggi, anche alla cieca, un gran vino si dimostra un gran vino.

Il nostro é un 2002, ma ha freschezza da vendere e mineralità da grande terroir.

Sono passati più di 10 anni dalla vendemmia e dimostra di averne ancora tanti davanti per potersi evolvere.

Abbiamo discusso se questa bottiglia fosse sopra o sotto ai 90 punti.

Alla cieca, mi sarei fermato appena sotto, ma da quando ho saputo il millesimo ha valicato l'asticella dell'eccellenza senza alcun dubbio.

Non ha l'eleganza inarrivabile dei grandi bianchi di Borgogna, ma non ci arriva poi così lontano.

Comunque, un grande vino.

E la fine di una ricerca, grazie ad un buon amico.




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