Verticale di San Leonardo (ONAV Mantova – 08/05/2019)

C'è una parte del mondo dei bordolesi che sta vivendo un momento mediatico di grande successo, con tutta la spinta speculativa che ne consegue. Di riflesso tanti altri nomi, che ricorrono a malapena nelle conversazioni dei più appassionati, continuano un percorso di rigore iniziato da diverse generazioni, quasi inosservati da tutti. Succede poi di scoprire questi universi ben più sovrapposti di quanto non si potrebbe pensare, di come si siano fatti forza l'uno dell'altro, senza far troppa pubblicità nemmeno a questo.

In comune c'è l'essere una dinastia di nobiltà legata alla terra, persone che spesso alla proprietà hanno unito lo sporcarsi le mani in prima persona, dove la posizione sociale stabilita alla nascita implica anche un senso di responsabilità per chi, da innumerevoli vite, lavora con loro.


Anselmo Guerrieri Gonzaga è un uomo alto, dal portamento elegante, con la parola facile di chi è abituato a confrontarsi con persone non solo del mondo economico, un sorriso che mai si spegne, incapace di trattenere la felicità di aver dinnanzi un gruppo numeroso di semplici appassionati, a raccontare della sua famiglia e del San Leonardo, il loro vino bandiera.

Lì, in provincia di Mantoza, proprio nel luogo dove con un tale cognome, fino a qualche secolo or sono, avrebbe potuto rivendicare diritti di proprietà, ha messo a nudo 3 generazioni di uomini che, come tanti nella storia, hanno avuto momenti di felicità, di lacrime, di dubbio, di coraggio, di successo e di sconfitta. Rimanendo comunque fedeli a se stessi...

Con aneddoti che potrebbero appartenere alla sceneggiatura di un film, il filo conduttore è stata la severità di una società patriarcale unita al profondo rispetto del figlio verso le decisioni dei genitori, condivisi con una naturalezza così trasparente che non mi ha fatto pensare, nemmeno per un solo istante, ci fosse qualcosa di artificialmente arricchito.

Soprattutto momenti di vita, fotografie di usi e costumi che ormai sono al crepuscolo, altre che non torneranno mai più, preziosi per capire fino in fondo il presente. Ci vorrebbe un libro per conservarli e sarebbe sciocco provarci in queste poche righe, che comunque alla fine “poche” non saranno senz'altro.


Il San Leonardo lo conoscevo quasi solo di fama e già in questo ero molto più fortunato di tante personalmente, avevo finalmente intravisto la sede nell'ultimo viaggio in treno verso il Trentino, lì poco oltre Verona. Per molto tempo era stato nei discorsi “il rivale del Sassicaia”, se non altro ora ho capito che la rivalità non può esistere quando le strade sono così parallele, a maggior ragione se l'idea di partenza nasce e rimane profondamente diversa, nel tessuto e negli attori.

Un vino che vede le origini in una realtà contadina, per certi versi meravigliosamente arcaica, dove ancora si usa largamente il cemento, le presse a polmone sono arrivate da pochi anni per sostituire quelle verticali vecchie di quasi un secolo, la fermentazione avviene da sempre con lieviti spontanei senza farne alcun manifesto, il legno nuovo usato con parsimonia, pulizia maniacale e riti affinati negli anni completano la ricetta per creare questa piccola e celata magia.

Fin dalla prima uscita, frutto della straordinaria vendemmia 1982, prevede il 60% di cabernet sauvignon, 30% di carmenere, 10% di merlot che portano all'assemblaggio rispettivamente eleganza e struttura, speziatura, frutto. Figlio della confusione che per due generazioni ha afflitto l'Italia contadina del Nord, il carmenere è stato ritenuto erroneamente cabernet franc fino a momenti relativamente recenti. 

L'uva storica dell'azienda, quella prodotta ancora da pergole antiche, la più amata da Carlo Guerrieri Gonzaga papà di Anselmo, è stata mantenuta a tutti i corsi anche una volta chiarito l'equivoco per farne il marchio distintivo del San Leonardo, l'unicità aromatica figlia di una percentuale così importante del vitigno negletto, ormai introvabile nei bordolesi.

C'è e si sente, per quell'esordio così particolare che ha accompagnato ogni calice assaggiato nella serata, dal primo all'ultimo. Una trama erbacea, un sottobosco umido, il colore scuro che definisce il frutto e segna i primi minuti, per poi cambiare, disegnarsi in un contorno di spezie, lasciando infine un soffio esotico alla fredda bellezza del cabernet sauvignon, altre volte così distante e magnifica.


Arrivato il momento di dar vita alla degustazione, Anselmo ha confessato di aver scelto per la verticale i millesimi “che piacciono a lui”. Vedere arrivare per prima una magnum della vendemmia 2014 mi ha confermato che nulla sarebbe stato scontato, un'annata che amo, massacrata a priori dalla critica, si sta invece costruendo una solida fama bicchiere dopo bicchiere.

Come tutti gli assaggi che lo seguiranno, il 🍷 San Leonardo 2014 ha avuto bisogno di qualche minuto in sinergia con l'ossigeno per svelare completamente la sua natura, timida, muschiata, dal frutto dolce, selvatico e infine lasciar emergere i ricordi ferrosi, di roccia bagnata dalla pioggia d'estate. In bocca è magnifico, per una struttura elegante, sottile e affilata, teso dall'acidità di ribes e melograno, spaziatura sia pungente che vanigliata, con la lingua che ne continua a cercare i sapori. Mi incantano i vini che giocano su questo registro, con quel margine di incompletezza che lascia spazio alla fantasia per immaginarne l'evoluzione. 

La nemesi viene dal 🍷 San Leonardo 2013 che lo ha seguito, risultato di una vendemmia perfetta, autunno lunghissimo e luminoso, scaldato dal sole. Sempre una magnum in cui immediatamente si coglie che ogni cosa si è accomodata senza forzature al suo posto, i profumi sono un sussurro di cacao in polvere, sottobosco, erbe aromatiche che aleggiano su una precisa idea di grafite. La pienezza è già manifesta nel sorso, per un attimo dolce, di densità, capace di allungarsi in un finale senza confini di frutta sciroppata e cioccolato. Già grande ora, avrà un futuro dalla fulgida luce.

Vedere arrivare il 🍷 San Leonardo 2007 è stata invece un vera sorpresa, seppur mentre lo versavano nel bicchiere ancora non avevo idea di quanto grande sarebbe stata. Nel colore è un piccolo salto avanti lungo la strada dell'evoluzione, il primo ricordo decisamente affumicato, in tostature di caffè, una fragrante eleganza di ciambella, la mineralità scura incastonata come un nero diamante. All'assaggio se ne coglie la perfezione, integra, serena, non c'è calore ma spinta iodata, salato ed inesauribile nell'indugiare sui sensi. In questo momento è così e forse mai più lo sarà, intanto è stato uno dei miei vini della serata, per sintonia e visione, vicino alla mia idea di un sorso pienamente appagante.

Altro stupore nel vedere manifestarsi il 🍷 San Leonardo 2005 in un manto ancora rubino, tornando quindi indietro verso colori di gioventù. Il naso però è dolce, come giusto tributo ad una stagione che ricordo ben calda, con spezie, resina e zucchero di canna, netto il respiro minerale di pietra focaia che sfiora un inizio di idrocarburi. Il sorso è ampio, succoso, dal tannino deciso, concede subito molto per poi ritrarsi senza tuttavia scomparire, in questo retto dal sale. Certamente un calice più di volume che non di emozione, ma nel confronto con altri dallo stesso millesimo, se ne metterebbe dietro un bel po'.

Giusto un attimo di pausa per involarsi verso l'ultima batteria dei vini più lontani nel tempo, iniziata con un'altra annata a cui sono molto legato, perché all'inizio di quell'estate è nata mia figlia. Il 🍷 San Leonardo 2001 è tutto sulla spezia, in parte dolce e in parte pungente, di vaniglia e di cannella, con un bellissimo tono balsamico e ancora un soffio appena sulfureo. La progressione di bocca è lineare, sottile, una rincorsa in punta di piedi, la freschezza di sali aromatici, il sapore di cacao e caffè con una pennellata di scorza d'arancia. Calice di infinita delicatezza, nobile e lunghissimo, mi porta inevitabilmente alla mente la soffusa luce di quel piovoso mattino in cui, per la prima volta, ho cullato Arianna fra le mie braccia.

Nel 🍷 San Leonardo 2000 si avverte di nuovo l'impronta di un'estate dal grande calore, ha un esordio fungino, con tratti verdi, terra umida e scura, la radice di liquirizia. Anche dopo qualche istante di rotazione fatica a mettersi a fuoco. All'assaggio c'è un'ovvia pienezza, fin troppo ordinata, solido nell'attraversare il palato rimane concentrato su se stesso senza desiderio di offrirsi. Lo redime tuttavia l'impronta tattile, ferma e magnifica.

Un nuovo salto di colore e il 🍷 San Leonardo 1999 mostra un aspetto austero e rugginoso, ma il naso è dolce, un pasticcino al cioccolato con sopra una ciliegia candita, il croissant appena sfornato, un'impressione aromatica di mercati orientali. Intensamente sapido appena portato alle labbra, si anima di una freschezza ferrosa prima di sfoggiare una progressione tattile aristocratica, decisa, lineare e coerente. Il vino più coinvolgente della serata, alla soglia dei suoi 20 anni, probabilmente solo a metà del percorso di vita.

Ancora due stagioni indietro nel tempo per vedere la fine di un lungo percorso con protagonista il 🍷 San Leonardo 1997, scuro, materico, mattonato nel colore dell'unghia. I profumi sono un racconto di pura eleganza, raffinato e ancora minerale nell'anima, nei primi minuti riporta quei leggeri ricordi selvaggi che già avevamo caratterizzato i primi assaggi della serata. Un testacoda che poi si svela sul frutto, piccolo, scuro e magari nemmeno già in confettura, di nuovo un'intuizione di idrocarburo, una decisa mineralità affumicata, netta la sensazione salmastra. Il sorso è un'esplosione speziata, innervata dalla fusione di acidità e tannino, porta aromi di sottobosco asciutto dalla tessitura gessosa. Vivissimo, commuovente nell'opporsi al passare degli anni, come tutta l'atmosfera che ha accompagnato una serata di così infinita bellezza.


Olfino non è proprio vicino alla mia residenza lavorativa, avevo prenotato da solo, vista la distanza ero certo che non avrei conosciuto nessuno. Unica eccezione nel Presidente Intini, con cui ho scambiato alcune parole a fine serata, praticamente le sole in oltre 3 ore. Non avevo mai frequentato ONAV Mantova e non potevo scegliere occasione migliore per iniziare.

Prima di incamminarmi verso qualche ora di sonno, invece di approfittare del buffet come tanti, mi è venuta la voglia di salutare Anselmo e stringergli la mano, per quello che ha condiviso con noi in storia, esperienza e lavoro della famiglia.

Non sono in genere questi i momenti dove le parole mi escono più facilmente, gli ho detto allora quello che era stato il modo con cui avevo cercato di ripagarne la gentilezza, finendo ogni calice che mi era stato versato. Ha sorriso, ha ricambiato il mio gesto e a sua volta mi ha ringraziato dicendo che non avrei potuto dargli soddisfazione migliore.


Di seguito la sequenza delle annate assaggiate con in più il vezzo del punteggio, un ormai raro esercizio che mi concedo in degustazione di questa tipologia, giusto per fissarmi da qualche parte una gerarchia dei valori, più di affinità che nella presunzione di stabile qualcosa di assoluto. Sono stati comunque tutti, grandissimi vini...

🍷 Tenute San Leonardo – San Leonardo 2014 da magnum (🎲 90pt) 

🍷 Tenute San Leonardo – San Leonardo 2013 da magnum (🎲 91pt)

🍷 Tenute San Leonardo – San Leonardo 2007 (🎲 92pt)

🍷 Tenute San Leonardo – San Leonardo 2005 (🎲 88pt)

🍷 Tenute San Leonardo – San Leonardo 2001 (🎲 92pt)

🍷 Tenute San Leonardo – San Leonardo 2000 (🎲 88pt)

🍷 Tenute San Leonardo – San Leonardo 1999 (🎲 94pt)

🍷 Tenute San Leonardo – San Leonardo 1997 (🎲 92pt)

In apertura della serata, come brindisi di benvenuto, i calici sono stati alzati con l'ultimo nato di Tenute San Leonardo, il Sauvignon “Vette” 2018, sempre da magnum. Luminoso, tipico nei profumi di pesca bianca, agrumi e fiori di sambuco, piccante ed erbaceo all'assaggio, nervoso dalla freschezza decisa. Una buona interpretazione del vitigno, in bottiglia da poche settimane ha giustamente bisogno di tempo per esprimersi compiutamente. Altro piccolo e gradito regalo, del marchese Alselmo Guerrieri Gonzaga.





Commenti

Post popolari in questo blog

Androvandi – Colli Bolognesi Pignoletto Classico “Alto Vanto Bianco” 2015

🍷 Fallet-Prevostat - Champagne Non Dosé Avize Grand Cru n.m.

Armando Castagno e la Borgogna: Côte de Beaune - Pommard e Volnay 12/03/2018